Smart Working in Italia: il bicchiere è mezzo pieno!

28 febbraio 2017 / Di Fiorella Crespi / 0 Comments

Quando si parla di Smart Working in Italia è interessante confrontare i dati del contesto italiano con quelli di altri Paesi. Nel fare questo occorre considerare che ciò che intendiamo per Smart Working non è semplicemente una maggiore flessibilità nella scelta di orario e luogo di lavoro o, peggio, un altro modo per definire il telelavoro, ma un cambiamento ben più ampio e profondo nell’organizzazione. Lo definiamo come una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Fare un confronto, dunque, non è semplice. Tuttavia possiamo fare alcune considerazioni sulla base di studi condotti a livello europeo e recentemente pubblicati.

Secondo il “Working anytime, anywhere: The effects on the world of work” condotto da the International Labour Organization (ILO) con Eurofound e riguardante la flessibilità delle modalità di lavoro, l’Italia è fanalino di coda in Europa. Il risultato non stupisce ma è importante evidenziare come questo dato non tenga conto di un fenomeno che, almeno nel nostro Paese, va a due velocità.

La dimensione conta (per ora). Sono soprattutto le grandi organizzazioni quelle che in Italia hanno già avviato progetti rilevanti di Smart Working. Dall’ultima rilevazione dell’Osservatorio Smart Working (ottobre 2016) il 51% delle organizzazioni con più di 250 addetti ha già attivato, in modo più o meno strutturato, o attiverà nel breve periodo, progetti di Smart Working.  Inoltre, in alcuni casi le organizzazioni che si sono attivate sono multinazionali nelle quali le sperimentazioni e i progetti pilota si sono sviluppati inizialmente in Italia per poi favorirne la diffusione in altri Paesi, diventando una best practice.

Le Piccole e Medie Imprese, invece, che rappresentano la parte consistente del tessuto aziendale in Italia anche in termini di occupati, hanno un livello di adozione di queste pratiche molto minore (pari al 5%). Dato che non è variato molto rispetto al 2015. È tuttavia importante evidenziare come si siano un po’ ridotte le resistenze all’adozione di tale approccio rispetto all’anno precedente. Un elemento che ha favorito questa migliore predisposizione è sicuramente una più chiara comprensione del fenomeno, ottenuta anche attraverso numerose iniziative di sensibilizzazione attivate da Pubbliche Amministrazioni locali e da enti ed associazioni di imprese sul territorio.

L’analisi del fenomeno complessivo va però vista in prospettiva evolutiva, considerando che lo Smart Working è un cambiamento profondo per le organizzazioni e che quindi richiede tempo.

I tassi di diffusione del fenomeno vanno letti sicuramente in chiave positiva: l’Osservatorio ha misurato che le grandi aziende che hanno approcciato il tema in modo strutturato sono passate dall’8 al 17 e poi al 30% dal 2014 al 2016. Tale crescita di interesse e di applicazioni è dovuta alla crescita di consapevolezza degli effetti positivi dello Smart Working non solo a livello di work-life balance delle persone, ma anche sulle loro prestazioni lavorative. Questo fa sì che il livello di interlocutori interessati ad introdurre tali iniziative nelle organizzazioni sia sempre più alto, arrivando ad interessare molto spesso direttamente il top management.

Un secondo elemento è l’attenzione del legislatore rispetto a questo tema: il testo di regolamentazione del Lavoro Agile, che è ora in approvazione in Commissione Lavoro della Camera diventerà presto legge, con un effetto incentivante su Piccole e Medie Imprese e sulla Pubblica Amministrazione, dove sono ancora poche le progettualità di Smart Working.

In prospettiva futura i “cantieri” su cui bisognerà lavorare per favorire la crescita e diffusone del fenomeno in Italia saranno, oltre alle Piccole Medie Imprese e agli enti della Pubblica Amministrazione, anche le aziende manifatturiere in cui la presenza sempre più pervasiva di tecnologie digitali e di automazione richiederà una profonda riflessione sulle modalità di organizzazione del lavoro aprendo nuove opportunità per lo Smart Working.

 

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  • Autore

Research Director HR Innovation Practice and Smart Working