Lo Smart Working nelle grandi imprese private – ossia organizzazioni con numero di dipendenti superiore a 250 – procedeva già a passi spediti prima dell'emergenza sanitaria. Oggi più che mai il Lavoro Agile rappresenta una rivoluzione da non fermare. Ciò può avvenire se si riesce a legare gli obiettivi del progetto di Smart Working con quelli del business, dando sempre più visibilità ai benefici ottenuti e ottenibili.
La sfida dei prossimi anni sarà quella di far superare allo Smart Working nel settore privato lo status di “progetto” o iniziativa specifica, per rendere tale approccio il nuovo modo di lavorare. Con l'aiuto dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano vedremo insieme nel corso di questo articolo le seguenti tematiche:
- impostare un progetto di Smart Working nel settore privato
- monitorare lo Smart Working nel settore privato
- lo Smart Working nel settore privato delle aziende italiane: dalla pandemia a oggi
Impostare un progetto di Smart Working nel settore privato
Iniziamo con una doverosa precisazione: Smart Working non significa solo “lavoro da casa”. Significa molto di più. L’effetto moda e i limiti nella cultura manageriale delle imprese nel nostro Paese hanno fatto sì che, in moltissimi casi il fenomeno venga interpretato in modo superficiale. Tuttavia lo Smart Working non è un nuovo inglesismo per indicare il già diffuso e normato Telelavoro, né può risolversi nell'approssimata definizione di remote working (o appunto “lavoro da casa”).
Fare Smart Working vuol dire essenzialmente ripensare l'organizzazione del lavoro in un'ottica sempre più "result-based", cioè basata sui risultati e non sul presenzialismo.
Cambiare assetto e cultura organizzativa non è ovviamente semplice nelle aziende private più mature e strutturate, tanto più nelle PMI (piccole e medie imprese sotto i 250 dipendenti) o all'interno della Pubblica Amministrazione. Per adottare un progetto di Smart Working propriamente detto è quindi necessario sfruttare le leve proprie del Lavoro Agile:
- rendere più flessibili gli spazi e gli orari di lavoro;
- ripensare gli ambienti della sede di lavoro;
- sviluppare nuovi strumenti e competenze digitali;
- dotarsi della tecnologia adeguata per lavorare da remoto;
- diffondere modelli manageriali basati su autonomia e responsabilità dei lavoratori;
- diffondere cultura orientata ai risultati.
Lavorando su tali leve, è possibile godere a pieno dei benefici propri dello Smart Working. Vantaggi più che tangibili, misurabili in termini di miglioramento della produttività e riduzione dell’assenteismo, ma anche di benessere del lavoratore e di impatto sull’ambiente.
Monitorare lo Smart Working nel settore privato
Assieme a tutti questi elementi, è poi fondamentale il monitoraggio del progetto, specie in fase di sperimentazione, così da poter affinare il progetto e attuare interventi migliorativi.
Per alcune tipologie di indicatori è possibile dare una stima quantitativa, per altri ci si affida a survey o a valutazioni più qualitative. A oggi quasi la totalità delle organizzazioni con un progetto strutturato di Smart Working monitora almeno cinque aspetti:
- il livello di partecipazioneall’iniziativa sia in termini di giornate fruite che di persone coinvolte;
- la soddisfazione delle personerispetto all’iniziativa;
- gli impatti sul coordinamento con il capo, i colleghi e i clienti interni;
- le criticità collegate all’utilizzo della tecnologia;
- le caratteristiche degli Smart Worker.
In un numero crescente di organizzazioni la misurazione di questi aspetti sta diventando sempre più strutturata e quantitativa. Cresce infatti il numero di realtà in cui in alternativa ai momenti di incontri per valutare l’andamento del progetto, vengono effettuati o questionari di gradimento o analisi sui dati della direzione HR per una verifica più puntuale.
E nel futuro? Il trend vede le grandi aziende italiane valutare l’impatto dello Smart Working basandosi su aspetti sempre più qualitativi:
- KPI riferiti alle persone (tasso di assenteismo, il livello di straordinari, gli infortuni o giorni di malattia);
- business KPIe processi organizzativi;
- indicatori ambientalidi interesse per il bilancio di sostenibilità;
- qualità del lavoro
Lo Smart Working nel settore privato delle aziende italiane: dalla pandemia a oggi
Se da un punto di vista operativo il percorso da seguire è quello appena tracciato in quest'articolo, vediamo quante sono le aziende di grandi dimensioni in Italia che hanno deciso veramente di intraprendere la strada del Lavoro Agile.
Smart Working prima del Covid-19
L'Osservatorio Smart Working del Politecnico del Milano aveva rilevato nel 2019 come lo Smart Working tra i privati fosse adottato già dal 58% delle grandi imprese e dal 12% delle PMI. Tuttavia soltanto 1/3 delle grandi imprese dichiarava progetti effettivamente strutturati ovvero che riguardano almeno due delle leve di progettazione che abbiamo elencato prima. In particolare: flessibilità di luogo, di orario, ripensamento spazi, cultura orientata ai risultati e dotazione tecnologica adeguata a lavorare da remoto.
Il lavoro da remoto era svolto, in media, un giorno alla settimana ed era prevalentemente riservato ad attività di lavoro individuale.
Smart Working durante il Covid-19
L’emergenza Covid-19 ha costituito un radicale punto di svolta. Lo Smart Working è stato adottato come modalità preferibile o addirittura obbligatoria. Il lavoro da remoto si è rivelato una soluzione per conciliare le limitazioni dovute all’emergenza sanitaria con la necessità di assicurare la continuità del business. Soffermandoci sul solo settore privato, i dati dell'Osservatori attestano come il lavoro da remoto nel 2020 abbia riguardato il 97% delle grandi imprese (e il 58% delle PMI). Per la precisione si stimano i 2,11 milioni lavoratori privati nelle grandi imprese (e 1,13 nelle PMI e 1,5 milioni nelle microimprese, realtà con meno di 10 addetti).
Il settore e la tipologia delle attività hanno sicuramente influenzato il numero di soggetti coinvolti. Se nelle imprese del retail e del manifatturiero le percentuali sono state minori, nel finance e nell’ICT il lavoro da remoto è stato applicato in modo significativo fino ad arrivare, in alcuni casi, alla sostanziale totalità dei dipendenti. L’emergenza è stata l’occasione per estendere il lavoro da remoto anche a figure professionali che spesso risultavano escluse da tali progetti. Si riteneva infatti che determinate attività, ad esempio degli operatori di call center o degli operatori di sportello, non fossero compatibili con lo Smart Working.
Smart Working dopo il Covid-19
Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working, dopo una lieve decrescita avvenuta nel 2022, nel 2023 il Lavoro Agile in Italia è tornato a crescere.
Infatti, lo scorso anno i lavoratori da remoto nelle grandi imprese sono cresciuti del +2,2%, passando da 1.840.000 nel 2022 a 1.880.000 nel 2023. Nelle PMI, invece, il numero degli Smart Worker è aumentato del +12% , passando da 510.000 a 570.000 lavoratori.
All’interno delle grandi imprese, nella quasi la totalità dei casi lo Smart Working è applicato in modo strutturato. Ciò significa che vi sono delle policy ben definite e accordi individuali stipulati con le persone coinvolte. Molto meno diffuse, invece, risultano essere invece le iniziative informali. In quest’ultimo caso, quindi, lo Smart Working nel settore privato viene introdotto nelle aziende senza definire le policy o stipulare accordi individuali. Il coordinamento delle giornate da remoto viene demandato ai team di lavoro in base alle esigenze.
Sempre secondo la Ricerca dell’Osservatorio Smart Working, rispetto al periodo prepandemico, i giorni in cui è possibile lavorare da remoto nel settore privato sono passati a circa la metà dei giorni lavorativi mensili.
Osservando le differenze in base ai settori considerati, ICT, media e telecomunicazioni e utility, le iniziative di Smart Working sono diffuse all'interno di tutte le imprese considerate nel campione di Ricerca. Anche nel settore finanziario, l'adozione di Smart Working ha raggiunto la totalità delle grandi imprese. Per quanto riguarda il manifatturiero e il retail, si registra una presenza superiore al 90% in entrambi gli ambiti. La percentuale inferiore trova ragione nel fatto che l'implementazione dello Smart Working in questi settori è spesso più complessa rispetto agli altri. Molte attività richiedono ancora la presenza fisica dei lavoratori sul luogo di lavoro o l’uso di attrezzature specifiche o tecnologie, che difficilmente potrebbero essere accessibili o impiegabili da remoto.
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- Autore
Direttrice dell'Osservatorio Smart Working
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