Durante l’emergenza Covid-19 lo Smart Working forzato che milioni di lavoratori hanno fatto ha preservato la nostra salute, ha aiutato a garantire la continuità di business, ci ha insegnato il valore del lavoro per obiettivi e l’importanza del digitale. Un’esperienza che ha messo drammaticamente in luce come l’organizzazione tradizionale del lavoro sia basata su assunti superati e inadeguati a interpretare l’epoca in cui viviamo. Per questo l’esperienza che imprese e lavoratori hanno fatto, e ancor di più faranno durante i prossimi mesi di gestione dell’emergenza sanitaria, risulterà preziosa per progettare e sperimentare nuovi modi di lavorare e collaborare.
Partendo proprio da questa premessa, l'Osservatorio Smart Working, in occasione del Convegno “Smart Working: il futuro del lavoro oltre l’emergenza" ha presentato in streaming i risultati della Ricerca 2020 sulla diffusione del fenomeno dello Smart Working nelle grandi e piccole medie imprese (PMI) del settore privato e nelle Pubbliche Amministrazioni (PA), approfondendo gli impatti e le evoluzioni alla luce dell’emergenza Covid-19.
"Smart Working, il futuro del lavoro oltre l'emergenza" Numeri, testimonianze e prospettive
Lo Smart Working prima e durante l'emergenza Covid-19
Nel 2019 lo Smart Working riguardava circa 570.000 lavoratori, il 20% in più rispetto all’anno precedente. Erano soprattutto le grandi imprese ad avere iniziative strutturate (58%), mentre restava bassa la percentuale di adozione nelle PMI (12%) e nelle PA (16%). Il lavoro da remoto per gli smart worker era svolto, in media, un giorno alla settimana ed era prevalentemente riservato ad attività di lavoro individuale.
Durante la fase più acuta dell’emergenza lo Smart Working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle PMI, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019.
Il maggior numero di smart worker lavora nelle grandi imprese, 2,11 milioni, 1,13 milioni nelle PMI, 1,5 milioni nelle microimprese sotto i dieci addetti e infine 1,85 milioni di lavoratori agili nelle PA. L’applicazione dello Smart Working durante la pandemia, seppure forzata e emergenziale, ha dimostrato:
- come un modo diverso di lavorare sia possibile anche per figure professionali prima ritenute incompatibili;
- ma ha anche messo a nudo l’impreparazione tecnologica di molte organizzazioni.
Più di due grandi imprese su tre hanno dovuto aumentare la dotazione di pc portatili e altri strumenti hardware (69%) e di strumenti per poter accedere da remoto agli applicativi aziendali (65%); tre PA su quattro hanno incoraggiato i dipendenti a usare i dispositivi personali; il 50% delle PMI non ha potuto operare da remoto. A livello organizzativo, invece, è stato difficile mantenere un equilibrio fra lavoro e vita privata per il 58% delle grandi aziende e il 28% dei lavoratori, e per il 33% delle organizzazioni i manager non erano preparati a gestire il lavoro da remoto.
Nonostante le difficoltà, questo Smart Working atipico ha contribuito a migliorare le competenze digitali dei dipendenti (per il 71% delle grandi imprese e il 53% delle PA), a ripensare i processi aziendali (59% e 42%) e ad abbattere barriere e pregiudizi sul lavoro agile (65% delle grandi imprese), segnando una svolta irreversibile nell’organizzazione del lavoro.
La seconda fase dell’emergenza
Con la fine del lockdown e l’inizio della fase 2 della gestione dell’emergenza aziende e PA hanno gradualmente iniziato a riaprire gli uffici, riadattando spazi e orari per mantenere il distanziamento, integrando il lavoro in sede con il lavoro da remoto. Il 66% delle grandi imprese e l’81% delle PA ha permesso al personale di rientrare in sede già fra maggio e giugno, il 7% delle grandi aziende e 13% delle PA ha preferito riaprire durante l’estate, mentre il 20% selle grandi imprese e il 4% ha atteso fino a settembre e solo il 7% delle imprese e l’1% delle PA a fine settembre continuava ancora a privilegiare il lavoro da remoto.
Per facilitare il rientro in sicurezza le principali iniziative sono state:
- l’introduzione di regole e linee guida sull’utilizzo degli ambienti (per il 91% delle grandi imprese e il 78% delle PA);
- la definizione di un piano di rientro delle persone con turni per i team di lavoro (88% e 69%);
- l’introduzione di segnaletica per orientare i flussi e incentivare comportamenti sicuri (81% e 64%).
Il 72% delle grandi aziende e il 46% delle PA ha lasciato autonomia riguardo al numero di giornate di lavoro agile, ma con procedure per non superare il limite di persone imposto dalla necessità di distanziamento. Questa esigenza in particolare ha portato a interventi sugli ambienti di lavoro, come postazioni più distanziate o separate (52% grandi imprese e 50% PA) o la chiusura di alcune aree della sede (45% e 13%). Per evitare assembramenti sono stati rimodulati gli orari di ingresso e uscita (34% e 25%).
Lo Smart Working: dall'emergenza Covid al «new normal»
Le organizzazioni si stanno attrezzando per tradurre le nuove abitudini e aspettative dei lavoratori in un nuovo approccio al lavoro. Una grande impresa su due interverrà sugli spazi fisici al termine dell’emergenza (51%), differenziandoli (29%), ampliandoli (12%) o riducendoli (10%); il 38% non prevede riprogettazioni ma cambierà le modalità d’uso; solo l’11% tornerà a lavorare come prima. Il 36% delle grandi imprese modificherà i progetti di Smart Working in corso e digitalizzerà i processi.
Ben il 70% di chi ha un progetto di lavoro agile aumenterà le giornate in cui è possibile lavorare da remoto, passando da un solo giorno alla settimana prima della pandemia a una media di 2,7 giornate a emergenza conclusa. Il 65% coinvolgerà più persone nelle iniziative, il 42% includerà profili prima esclusi, il 17% agirà sull’orario di lavoro.
Per la PA la prima misura sarà introdurre progetti di Smart Working (48%), seguita dalla digitalizzazione di processi e attività (42%) e dall’incremento delle tecnologie in uso (35%). Anche le pubbliche amministrazioni aumenteranno il personale coinvolto nei progetti di smart working (72%), che prima dell’emergenza era solo il 12%, e le giornate di lavoro agile (47%), passando da una media settimanale inferiore a un giorno a circa 1,4 giorni a settimana.
- Autore
Ricercatrice dell'Osservatorio Smart Working
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