Telelavoro e Smart Working a confronto: come funzionano e quali sono le differenze

01 dicembre 2022 / Di Fiorella Crespi / 0 Comments

Telelavoro e Smart Working sono la stessa cosa? Una domanda più che mai d'attualità dopo le recenti trasformazioni in ambito lavorativo legate all'emergenza sanitaria.

La pandemia da Covid-19, con la necessità di limitare gli spostamenti e gli assembramenti, ha spinto molte aziende ad abilitare il lavoro da remoto per molti dipendenti. Questo fenomeno è stato spesso chiamato Smart Working o Lavoro Agile ma, in realtà, questa risposta emergenziale è più assimilabile al concetto di Telelavoro o lavoro da remoto.

Fare Smart Working, infatti, non vuol dire semplicemente lavorare da casa, ma abbracciare una vera e propria trasformazione organizzativa e culturale in azienda. E non è soltanto una questione concettuale, ma anche normativa e contrattuale. In quest'articolo cercheremo di spiegare il significato di Telelavoro e chiarire al meglio le differenze con il Lavoro Agile. 

 

Telelavoro: definizione e normativa

Partiamo dunque dal principio. Con il termine Telelavoro, presente nei nostri dizionari da molti anni prima del termine Smart Working, si fa riferimento ad una prestazione di lavoro effettuata regolarmente al di fuori della sede di lavoro con il supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Nel dettaglio, ecco i principi su cui si basa:

  • l’attività lavorativa è eseguita in una sede diversa rispetto a quella del datore di lavoro;
  • il dipendente svolge le proprie attività avvalendosi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
  • l’organizzazione delle attività e i tempi di lavoro sono flessibili.

Inoltre, la normativa prevede che per il telelavoro sia predisposta una postazione di lavoro (workstation) distinta dagli spazi dedicati alle attività domestiche e familiari. La workstation, oltre a dover essere idonea – ad esempio in termini di abitabilità, climatizzazione, illuminazione –, è a carico del datore di lavoro (per l’installazione e la manutenzione), responsabile anche delle spese relative ai consumi energetici, telefonici e del mantenimento degli standard di sicurezza.

Cos'è e cosa non è lo Smart Working: Elementi chiave e benefici

Vai al Video

 

Obblighi del Telelavoratore e del datore di lavoro

Se da una parte il datore di lavoro si fa carico di una serie di responsabilità, anche il lavoratore da remoto deve rispettare alcune regole. Infatti, la workstation può essere utilizzata esclusivamente ai fini della prestazione e solo dal singolo lavoratore, per il quale è anche prevista una formazione obbligatoria in materia di sicurezza.

Come viene verificato lo svolgimento effettivo delle attività da parte del dipendente? Il datore di lavoro ha due opzioni:

  • per verificare il rispetto delle norme di sicurezza, i rappresentanti dei datori di lavoro, le rappresentanze sindacali e le autorità competenti possono accedere al luogo in cui si svolge il Telelavoro;
  • per controllare il lavoro svolto il datore di lavoro può effettuare una verifica telematica.

 

Le modalità di Telelavoro

Il Telelavoro è rigidamente disciplinato per i contratti di lavoro subordinato, sia per il settore pubblico (D.P.R. 8 marzo 1999, n. 70) che per quello privato (accordo interconfederale del 20 gennaio 2004). Anche a livello normativo, dunque, il Telelavoro è molto più datato. Basti pensare come lo Smart Working sia disciplinato soltanto dal 2017, in seguito alla Legge n.81/2017, cosiddetta Legge sul Lavoro Agile.

In particolare, nel caso del Telelavoro è fondamentale indicare il luogo dove si svolge l’attività lavorativa. Si può così classificare in:

  • Telelavoro a domicilio: il lavoratore svolge la prestazione dalla propria abitazione;
  • Telelavoro mobile: l’attività lavorativa viene svolta in luoghi diversi (abitazione, sede dei clienti, …) tramite l’uso di dispositivi come PC o telefono cellulare;
  • Telelavoro remotizzato: il lavoro viene svolto in “sedi satellite” lontane da quella centrale;
  • Telelavoro office to office: il lavoratore svolge le proprie attività dalla sede centrale ma fa parte di un gruppo di lavoro sparso per il mondo, con cui collabora tramite connessione Internet;
  • Teleimpresa: l’impresa opera totalmente o parzialmente online.

Oltre a queste, possono esistere anche forme di Telelavoro miste e si può prevedere l’alternanza tra lavoro in sede o a distanza.

 

Principali differenze tra Smart Working e Telelavoro

Eccoci dunque al nocciolo della questione. Telelavoro e Smart Working possono essere considerate entrambe pratiche di remote working, ma con alcune sostanziali differenze, in gran parte legate all'idea di flessibilità e autonomia lavorativa.

Mentre il Telelavoro si definisce semplicemente come una prestazione lavorativa svolta al di fuori del contesto aziendale, lo Smart Working fa riferimento a una filosofia manageriale che introduce una nuova concezione del tempo e dello spazio di lavoro, che può eventualmente includere il lavoro da remoto.

Fare Smart Working significa poter:

  • scegliere con autonomia e responsabilità gli orari di lavoro;
  • utilizzare con flessibilità i diversi strumenti in base alle esigenze;
  • scegliere i luoghi di lavoro all’esterno della sede aziendale o all’interno dell’ufficio in base all’attività lavorativa da svolgere.

Inoltre, lavorare a distanza può significare non solo lavorare dalla propria abitazione, ma anche da luoghi come hub aziendali, spazi di coworking, biblioteche e altri spazi pubblici o privati in linea con le esigenze e le preferenze dello smart worker.

 

Il lavoro emergenziale e post emergenziale

Rimane un quesito a questo punto ancora aperto. Il fenomeno a cui abbiamo assistito durante l'emergenza si può definire Telelavoro o Smart Working? 

La risposta è semplice: l’esperienza emergenziale e forzata che milioni di lavoratori hanno fatto durante il periodo della pandemia legata al Covid-19, non è classificabile né come Telelavoro né come Smart Working.

Il lavoro da remoto emergenziale è ben diverso dal vero Smart Working, il quale si basa su un accordo libero e responsabile tra azienda e lavoratore: durante il lockdown, invece, molti lavoratori non hanno avuto possibilità di scelta e la propria abitazione è diventato l’unico luogo di lavoro disponibile.

In questa situazione, sebbene aziende e persone già abituate allo Smart Working si siano trovate più pronte e spesso sorprendentemente resilienti, quello che molti si sono trovati a sperimentare, frequentemente in maniera improvvisata, non è il “vero” Smart Working, ma un lavoro da remoto spinto che possiamo definire come Smart Working “emergenziale”.

Non stupisce, dunque, che a quasi tre anni dallo scoppio dell'emergenza sanitaria solo una parte delle organizzazioni, in particolare le grandi imprese, è stata in grado di avvalorare l’esperienza maturata durante il lockdown. Il 65% delle grandi aziende, insieme al 29% delle piccole-medie imprese e al 21% delle Pubbliche Amministrazioni, hanno saputo adottare iniziative di lavoro agile davvero complete, senza “accontentarsi” del solo lavoro da remoto. Quest'ultimo, infatti, può essere certamente una soluzione più comoda nel breve periodo, ma nel medio e lungo periodo può risultare meno vantaggiosa a livello di produttività, competitività e benessere organizzativo. 

 

Vuoi essere sempre aggiornato sui temi dell’Osservatorio Smart Working?

Scopri gli abbonamenti

  • Autore

Research Director HR Innovation Practice and Smart Working