Lo Smart Working e la fine dell'accesso semplificato
La procedura semplificata per lo Smart Working prevede la possibilità di ricorrere al lavoro agile anche in assenza di incontri individuali stipulati per iscritto. A partire dall'inizio dell'emergenza sanitaria si sono susseguite le proroghe alle procedure di accesso semplificato allo Smart Working. Il "decreto Proroghe" nell'aprile 2021 aveva esteso lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021, prorogando specularmente l'obbligo di Smart Working semplificato. Il 22 dicembre 2021 è poi approdato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge che aveva esteso lo stato di emergenza al 31 marzo 2022, portando con sé anche la proroga della normativa emergenziale sullo Smart Working. La proroga, contenuta nell’articolo 9 del provvedimento consente sia ai dipendenti pubblici sia a quelli privati, di ricorrere al lavoro da remoto, derogando ad accordi sindacali o individuali con l’azienda. La legge 21 settembre 2022 ha definito che le regole sullo Smart Working sarebbero restate in vigore anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria, con la possibilità di ricorrere al lavoro agile nel settore privato senza l'accordo individuale tra datore e lavoratore fino al 31 dicembre 2022. Con lo Smart Working semplificato l’azienda poteva decidere di far lavorare da remoto tutti i suoi dipendenti anche senza accordi preventivi, con turni a rotazione oppure al 100%.
A partire dal 1° gennaio 2023 sono rientrate in vigore le direttive della Legge n.81/2017. Lo Smart Working, quindi, non è più dettato dal regime semplificato, ma da un accordo individuale tra datore di lavoro e dipendenti.
A prescindere dalle disposizioni delle singole amministrazioni e aziende, permane il diritto allo Smart Working per le categorie di lavoratori fragili fino al 31 marzo 2023. Tale diritto, diversamente dal “Decreto aiuti-bis”, non viene riconosciuto a lavoratori che hanno figli sotto i 14 anni.
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Smart Working e PA: il ritorno in presenza
Rispetto all'inizio della pandemia, sono cambiate alcune regole per la Pubblica Amministrazione. Più precisamente, con il decreto Proroghe, approvato il 29 aprile 2021, era caduto l'obbligo dello Smart Working nelle PA al 50%, ossia l'obbligo di far lavorare in modalità agile un dipendete pubblico su due. Successivamente è saltato anche il limite del 60% indicato nei POLA (Piano Organizzativo per il Lavoro Agile).
La PA rimane al centro dall'acceso dibattito che riguarda il futuro del Lavoro Agile dopo la pandemia. L'obiettivo dell'ex ministro Renato Brunetta è stato quello di ripristinare il lavoro in presenza e far rientrare in ufficio gran parte dei lavoratori pubblici entro il 2022. Dal 15 ottobre 2021, infatti, negli uffici pubblici è stata ripristinata una situazione pre-pandemia. Si è tornati alla modalità ordinaria, vale a dire all'accordo individuale per la presenza in ufficio dei dipendenti pubblici. Tali disposizioni si sono attuate, dunque, prima della fine dello stato di emergenza, previsto al 31 marzo.
A partire dal 2 dicembre 2021 è stato approvato il Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO), uno strumento di programmazione integrata della salute organizzativa e professionale, della gestione annuale delle performance e delle misure di contrasto ai rischi (corruttivi), che assorbe i contenuti dei POLA.
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Smart Working e imprese private: il protocollo nazionale
Per quanto riguarda il settore privato, molte aziende hanno già fatto accordi con sindacati e lavoratori per regolarizzare lo Smart Working anche dopo la fine della pandemia.
Il 7 dicembre 2021 è stato firmato il protocollo che traccia le linee guida per contratti nazionali, territoriali o aziendali in materia di Smart Working, con validità a partire dal 1 gennaio 2022. Il "Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile", promosso da Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha lo scopo di fornire a imprese e lavoratori del settore privato le linee guida con cui disciplinare, nella contrattazione collettiva, il lavoro agile.
I principi di tale iniziativa si possono riassumere in 6 grandi punti: l'adesione volontaria, l'accordo individuale, il diritto alla disconnessione, la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali, la parità di trattamento, i luoghi e gli strumenti di lavoro, e la formazione dei lavoratori agili.
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