Smart Working e PMI è un connubio possibile? Oppure il Lavoro Agile è applicabile solamente a modelli tipici delle grandi imprese? È indubbio che tra grandi aziende e piccole e medie imprese vi sia un certo gap nell’adozione dello Smart Working. Tuttavia, le PMI stanno sempre più riconoscendo le potenziali opportunità offerte dal Lavoro Agile.
Attraverso la Ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, in questo articolo approfondiremo:
- Come diffondere lo Smart Working nelle PMI
- La diffusione dello Smart Working nelle PMI
Come diffondere lo Smart Working nelle PMI
Le PMI (organizzazioni con numero di dipendenti compreso tra 10 e 249) sono una frontiera necessaria in cui la rivoluzione introdotta dallo Smart Working non è ancora concretamente consolidata. Perché questo accada è necessario favorire la creazione di sinergie e reti allo scopo di stimolare circoli virtuosi nell’adozione delle pratiche di Smart Working. Stimolare un circolo virtuoso di questo tipo vuol dire promuovere un clima di fiducia verso l’adozione dello Smart Working. Questo deve essere poi adattato alle caratteristiche strutturali e alle modalità operative tipiche delle imprese piccole e medie.
Per creare un vero Smart Working nelle PMI occorrono infatti due strategie parallele:
- far capire con chiarezza cosa significa fare Smart Working, per evitare che sia percepito solo come Telelavoro o lavoro da remoto e sia visto come di scarso interesse, se non addirittura inapplicabile, per la maggior parte delle piccole realtà;
- aiutare a superare la logica di destrutturazione e informalitàche caratterizza la maggior parte dei progetti in questa tipologia di aziende.
Nella maggior parte dei casi prevale l’adozione di un approccio informale, che prevede modelli non strutturati, denotando una limitata sicurezza e spinta a livello aziendale nel progetto. Tali caratteristiche si possono facilmente scontrare (e avere la peggio) con le criticità legate a una cultura aziendale molto presenzialista e alla necessità di investimenti in tecnologie digitali, entrambe barriere tipiche di realtà di piccole e medie dimensioni. Questi fattori contribuiscono ad aumentare la percezione che gran parte delle attività siano “non compatibili” con lo Smart Working.
La diffusione dello Smart Working nelle PMI
Secondo la Ricerca dell’Osservatorio Smar Working durante l'emergenza sanitaria il 58% delle piccole e medie imprese ha adottato lo Smart Working. O meglio, ha adottato un modello di lavoro a distanza in grado di assicurare la continuità di business e contemporaneamente contenere la pandemia (che non necessariamente coincide con la filosofia del Lavoro Agile). Dopo un lieve calo nel 2022, in cui lo Smart Working è passato dal 53% al 48% delle PMI, il Lavoro Agile è tornato a crescere.
Si stima, infatti, che nel 2023 il numero di PMI con iniziative di Smart Working si sia attestato al 56%. Il numero di lavoratori coinvolti tra il 2022 e il 2023 è quindi cresciuto, passando da 510.000 a 570.000. Tale incremento è dovuto soprattutto all’aumento di iniziative di Smart Working nelle imprese di medie dimensioni (dai 50 ai 249 dipendenti) rispetto alle piccole (dai 10 ai 49 dipendenti). Le iniziative mature, che applicano il “vero” Smart Working rappresentano il 15% del totale.
La graduale penetrazione di modelli di lavoro ibridi e flessibili nelle PMI si rispecchia nel coinvolgimento di diversi profili professionali nelle iniziative di Smart Working. I dati raccolti forniscono uno sguardo interessante sulle categorie professionali coinvolte. I principali destinatari dello Smart Working nelle PMI sono i white collar, ma vi sono sperimentazioni anche su profili tecnici e operativi. Emerge dunque una crescente consapevolezza sulle opportunità che possono derivare del Lavoro Agile, persino in settori che richiedono attrezzature specifiche o mansioni fisiche.
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