Lo smart working è legge, nessun alibi per il lavoro agile in Italia

12 maggio 2017 / Di Mariano Corso / 0 Comments

Il commento di Mariano Corso, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working della School of Management Politecnico di Milano sul Jobs Act degli autonomi approvato Senato: un passo avanti per la diffusione del lavoro agile in modo più capillare, anche tra PMI e Pubblica Amministrazione.

Il 30% delle grandi imprese ha realizzato progetti di Smart Working in Italia. Già 250mila gli Smart Workers.

Milano, 10 maggio 2017 - “La nuova legge costituisce un passo avanti per la diffusione dello Smart Working in Italia. Sebbene non consenta di fare qualcosa in più rispetto a prima - alcune aziende già lo praticano da anni - né tantomeno definisca obblighi di attuazione o incentivi, il testo enuncia principi e promuove diritti di grande valore, eliminando gli alibi di chi riteneva mancasse l’adeguato supporto normativo per il Lavoro Agile. Oggi in Italia lo Smart Working si può e si deve fare. L'auspicio è che si possa diffondere in modo più capillare e profondo”.

È questo il commento di Mariano Corso, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working della School of Management Politecnico di Milano, al Jobs Act sul lavoro autonomo approvato oggi dal Senato che disciplina il Lavoro Agile in Italia. “La legge rappresenta un buon punto di riferimento e non va assolutamente vista come “debole” - prosegue Corso -. Enuncia alcuni principi fondamentali, come la possibilità di lavorare in modo flessibile rispetto al luogo e all’orario attraverso l’uso delle tecnologie digitali, con effetti positivi sia nel lavoro che nel work-life balance. Importante anche l'attenzione alla sicurezza del lavoratore agile e il diritto alla disconnessione”.

Secondo la ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano sono già circa 250 mila in Italia gli Smart Workers, cioè i lavoratori subordinati che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti. E sono già ben il 30% le grandi imprese che hanno avviato progetti di Smart Working. A fronte dei benefici concreti riscontrati e del favore dei lavoratori, molte di queste stanno oggi ulteriormente estendendo il numero di persone coinvolte e l’intensità di applicazione.

“Tocca ora alle PMI e alle Pubbliche Amministrazioni, rimaste per il momento ai margini del fenomeno, intraprendere questo percorso - conclude il prof. Mariano Corso -. Dalla PA negli ultimi mesi sono arrivati segnali incoraggianti. L’approvazione finale del testo di riforma del Pubblico Impiego avvenuta a marzo ha confermato l’obiettivo di arrivare ad offrire ad almeno il 10 per cento dei lavoratori forme di flessibilità (Smart Working, ma non solo) entro il 2018. Certamente non basta, ma fanno ben sperare il tentativo concreto avviato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che inizierà a far sperimentare  lo Smart Working a 400 persone da novembre 2017 e alcuni bandi pubblici recentemente pubblicati per dare supporto le Pubbliche Amministrazioni che vogliono approcciare questo cambiamento”.

  • Autore

Docente del Politecnico di Milano e Responsabile Scientifico degli Osservatori Smart Working e Cloud Transformation