L’Industrial Internet of Things, anche noto con l’acronimo I-IoT, rappresenta letteralmente l’applicazione dell’Internet of Things (IoT) nel mondo industriale. È dunque un’evoluzione del concetto di Internet delle Cose che riguarda da vicino i processi industriali (in particolare si fa riferimento alle applicazioni di Smart Factory, Smart Lifecycle e Smart Logistics) e mira a renderli più efficienti e sicuri.
Per approfondire: Industrial IoT: definizione, applicazioni e diffusione >>
I progetti di Industrial IoT in Italia
Nel corso della Ricerca dell’Osservatorio Internet of Things è stata condotta un’indagine, che ha coinvolto 100 grandi aziende e 525 PMI con sede in Italia, con l’obiettivo di comprendere i progetti di Industrial IoT realizzati e le aspettative per il futuro.
Il primo risultato che emerge è il significativo divario in termini di conoscenza: a fronte di un 97% di grandi aziende che nel 2019 dichiara di conoscere le soluzioni IoT per l’Industria 4.0 (in crescita rispetto al 95% del 2018), solo il 39% delle piccole e medie imprese ne ha sentito parlare. Coerentemente, anche il livello di diffusione dei progetti di I-IoT cambia molto a seconda della dimensione aziendale: il 54% delle grandi aziende che hanno partecipato all’indagine ha avviato almeno un progetto in ambito Industrial IoT nel triennio 2017-2019, mentre solo il 13% delle piccole e medie imprese ha fatto altrettanto.
La strada da percorrere per l’innovazione in ottica 4.0 nel nostro Paese è quindi ancora lunga, Anche e soprattutto perché le PMI sono responsabili del 41% dell’intero fatturato generato in Italia e del 33% degli occupati nel settore privato.
Dalle "cose" ai numeri: l'Internet of Things in cifre!
Obiettivi e benefici per le aziende
Ma quali sono gli obiettivi che guidano le imprese verso la realizzazione di progetti I-IoT? Per le grandi aziende i benefici di efficienza ed efficacia (indicati rispettivamente dal 69% e 46% dei rispondenti) rappresentano le priorità, in linea con quanto già osservato nel 2018, mentre cresce la volontà di sperimentare soluzioni innovative (34%, +15% rispetto ai dodici mesi precedenti), a discapito degli incentivi legati al Piano Nazionale Industria 4.0, non ritenuti più così indispensabili nella realizzazione dei progetti (38%, -8% rispetto al 2018).
Anche le PMI concordano che l’introduzione di soluzioni smart in fabbrica permetta di abilitare benefici di efficienza (indicati dal 49% dei rispondenti), anche se in questo caso solo il 5% degli intervistati dichiara di aver provato a quantificare tali benefici, a dimostrazione di un approccio ancora troppo acerbo nell’adozione di queste soluzioni. A fianco dei benefici di efficienza, uno dei driver principali che guida l’avvio dei progetti I-IoT da parte delle PMI è il miglioramento dell’immagine aziendale (40%), a causa anche della necessità di valorizzare il proprio brand associandolo allo sviluppo di progetti innovativi.
I servizi di valore aggiunto abilitati dall'IoT
La capacità di analizzare, gestire e valorizzare i dati raccolti dagli impianti e dai macchinari connessi è fondamentale per le aziende. Sebbene quasi la metà dei rispondenti alla survey dichiari di utilizzare poco i dati in proprio possesso (45%), tra coloro che ne fanno utilizzo è possibile trovare i primi casi innovativi.
Da un lato si assiste al progressivo spostamento dalla vendita del solo hardware all’offerta di servizi aggiuntivi: già oggi l’avvio di progetti di I-IoT - nell’83% dei casi - ha consentito alle aziende di offrire servizi di valore per i propri clienti, principalmente legati alla possibilità di ricevere notifiche in tempo reale in caso di situazioni di emergenza (69% dei casi) e a servizi di manutenzione preventiva (45%) o predittiva (25%).
Dall’altro lato, si osservano i primi casi più innovativi che passano da una logica di acquisto una tantum dei macchinari al pagamento in base all’utilizzo (pay-per-use o pay-per-performance, 10% dei casi). Un nuovo approccio in cui l’utilizzo del macchinario diviene indice dell’andamento dell’attività aziendale, in grado di incidere sul calcolo del rischio d’impresa alla pari di variabili “classiche” come la vita utile del bene e l’andamento del fatturato. Tutto ciò porta quindi a una inevitabile evoluzione del ruolo dell’intermediario finanziario, che dovrà dimostrare di riuscire a stare al passo con le novità – tecnologiche e di business - in atto.
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