Normative e PMI: quale stimolo per digitalizzare le imprese italiane?

07 agosto 2020 / Di Redazione Osservatori Digital Innovation / 0 Comments

Il tema della digitalizzazione è sempre più centrale nei dibattiti imprenditoriali e politici, con l’esperienza COVID-19 che da ultima ha mostrato la necessità degli strumenti digitali per la sopravvivenza delle imprese, in particolare delle PMI.

Lo stesso ministro dello sviluppo economico Patuanelli, intervenuto il 22 luglio alla riunione ministeriale della Task force su economia digitale del G20, ha sottolineato “l’importanza della digitalizzazione per fronteggiare l’emergenza Covid e rendere più resiliente il sistema economico, che attraversa una fase di transizione tecnologica. Dobbiamo quindi colmare rapidamente il divario digitale. La digitalizzazione è oggi al cuore di una politica industriale moderna, soprattutto per promuovere le Piccole e Medie Imprese. Per queste ragioni la digitalizzazione dell’industria, anche nella prospettiva della transizione verde, sarà uno dei pilastri della nostra Presidenza il prossimo anno”.

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Quali sono oggi i piani normativi per supportare le imprese nel percorso di trasformazione digitale?

La strategia del Mise per favorire la trasformazione digitale delle imprese poggia ad oggi su due pilastri portanti: il piano di Transizione 4.0 e il piano Industria 4.0 Plus.

TRANSIZIONE 4.0

Il Piano Transizione 4.0 entra in vigore con la legge di bilancio 2020, riprendendo il predecessore Piano Nazionale Industria 4.0 e modificandone alcuni aspetti.

Il decreto attuativo del Piano, registrato alla Corte dei Conti a giugno, mobilita risorse per 7 miliardi di euro, che vengono dedicate a tre macroambiti.

Il nuovo credito d’imposta su beni strumentali va a sostituire il Super- e l’Iper-ammortamento dei beni materiali ed immateriali che erano presenti nel piano Industria 4.0. Viene introdotta la possibilità di accedere alle agevolazioni per gli investimenti in software a prescindere da investimenti in beni materiali. L’obiettivo generale è rendere questi incentivi più accessibili alle MPMI, in quanto il ministero dello Sviluppo Economico ha stimato che, finora, il 64% degli incentivi è stato fruito dalle imprese medio grandi.

Il nuovo credito d’imposta R&S, innovazione e design aggiunge rispetto al piano precedente gli incentivi per innovazione e design ed assegna un maggiore peso alle spese per il personale rispetto a quelle per i macchinari. Anche questo incentivo è stato utilizzato prevalentemente da imprese di medio-grande dimensione (63%) - Fonte: MISE, 2017.

Vi è infine la proroga del credito d’imposta formazione 4.0, con la quale viene riconosciuto un credito d’imposta relativo alle spese di formazione per il personale dipendente con aliquote decrescenti rispetto alla dimensione di impresa.

A queste risorse si aggiungono ulteriori 2 miliardi di euro destinati alla ricerca e innovazione 4.0. Vale la pena citare il DD 09/06/2020 - Digital Transformation (per il quale sono stati stanziati 100 milioni di euro dal Decreto Crescita): con esso si intende favorire la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle PMI del territorio nazionale attraverso l’implementazione delle tecnologie relative a soluzioni tecnologiche di filiera e/o delle tecnologie abilitanti individuate nel Piano nazionale Impresa 4.0.

INDUSTRIA 4.0 PLUS

Affianco alle misure già attive sul 2020, il Ministro Patuanelli ha annunciato lo scorso 19 luglio che a gennaio 2021 verrà attivato il Piano Industria 4.0 Plus, che si rivolgerà a chi investirà nelle tecnologie più innovative, come la blockchain, l'intelligenza artificiale e l'internet of things.

Patuanelli anticipa che chi utilizzerà le migliori tecnologie emergenti per raggiungere determinati obiettivi come innovazione dei prodotti, ecosostenibilità e cybersecurity, avrà un incremento esponenziale delle percentuali di credito di imposta sull'investimento fatto, con la possibilità per chi mette insieme questi due elementi, tecnologie e obiettivi, di arrivare ad una defiscalizzazione totale.

 

Normativa e PMI: quali le direttrici su cui c’è ancora bisogno di lavorare?

I piani disegnati a favore della digitalizzazione delle imprese rappresentano un segnale forte di attenzione politica che viene posta al tema e il continuo lavoro del MISE e del Governo su questo rappresenta un elemento positivo.

Di seguito alcune considerazione su possibili ulteriori passi da fare, alla luce delle stime sviluppate dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI su dati 2019.

Valorizzare gli incentivi già esistenti

Come già evidenziato dal rapporto Iniziative per il rilancio: “Italia 2020-2022” (il cosiddetto “Piano Colao”) è necessario prevedere una stabilità nel tempo degli incentivi all’innovazione delle PMI: estendere il piano Transizione 4.0 ad un orizzonte quinquennale consentirebbe alle imprese di avere certezza della stabilità degli incentivi e di adottare di conseguenza strategie di lungo periodo di investimento.

Un altro elemento importante è rappresentato dalla comunicazione e promozione dei programmi e degli incentivi già esistenti. Questo è particolarmente importante se consideriamo che il 68% delle PMI non era a conoscenza dei Voucher Consulenza Innovazione a un mese dall’entrata in vigore. La scarsa conoscenza degli incentivi disponibili è particolarmente forte nel Centro e Sud Italia.

Lavorare sulle competenze digitali

Secondo le ricerche dell’Osservatorio, le PMI italiane mostrano un gap di competenze che può essere riassunto su tre fronti.

Innanzitutto, vi è una domanda di competenze ICT inferiore rispetto alle grandi imprese italiane e alle controparti europee (Fonte: elaborazione dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI su Dati Eurostat 2018). Solo il 24% delle PMI ha internamente risorse dedicate all’ICT (la media PMI della UE28 è 39%) ed è il 15% la quota di PMI che impiega specialisti ICT (contro una media UE28 del 19%).

Le PMI inoltre fanno fatica ad attrarre le professionalità con competenze ICT e digitali rispetto alle grandi imprese, che sono più competitive sul mercato del lavoro. Le difficoltà riscontrate sono soprattutto legate all’integrazione delle nuove professionalità con quelle già esistenti, all’elevata concorrenza per attrarre i migliori profili digitali e all’identificazione del corretto canale per attrarre le professionalità richieste.

Infine, la formazione sia delle figure professionali dedicate al digitale sia del top management è effettuata da una bassa percentuale di PMI: solo il 18% delle PMI organizza corsi di formazione ICT/IT per i propri addetti e meno di una PMI su tre ha visto i propri titolari o direttori di funzione partecipare a corsi di formazione strategica legati al digitale nell’ultimo anno.

Possibili policy in risposta a questi elementi potrebbero essere di dedicare alle PMI dei bonus assunzioni per figure con competenze digital & ICT (ad esempio laureati in ambito ICT o STEM) e di potenziare - attraverso il meccanismo del voucher e/o del credito di imposta - gli incentivi legati alla formazione in ambito digitale, non solo specialistica, ma anche manageriale/strategica rivolta a imprenditori e vertici delle PMI ed erogata da soggetti erogatori riconosciuti.

Favorire ulteriormente gli investimenti in innovazione digitale e R&S

Vanno nella direzione giusta le revisioni del piano Transizione 4.0 e l’allargamento degli incentivi ipotizzati con Industria 4.0 plus, perché consentono di non limitarsi soltanto all’ambito manifatturiero e al processo produttivo (come era il precedente Piano Industria 4.0), ma di includere altri settori e processi aziendali.

Con riferimento in particolare al piano Industria 4.0 plus, affianco alle tecnologie di frontiera (blockchain, AI, ecc.), è fondamentale contemplare anche investimenti in innovazioni digitali più banali (come ERP, CRM, Business Analytics, …), che sono centrali per la digitalizzazione dei processi ma che ad oggi risultano poco diffuse tra le PMI italiane. Ad esempio, il CRM è utilizzato dal 27% delle PMI italiane, contro una media UE28 del 32% e il 10% utilizza una propria piattaforma eCommerce, contro una media europea del 17,5%.

Anche il credito di imposta per ricerca e sviluppo è un elemento positivo da portare avanti e, se possibile, potenziare nel tempo, per stimolare gli investimenti in questo comparto. Ad oggi il 60% delle PMI non svolge alcuna azione per generare/stimolare l’innovazione digitale e solo il 5% ed il 4% delle PMI collabora rispettivamente con università e con startup.

 

PMI  e supporto delle istituzioni: 3 condizioni necessarie

A partire dal 2017 con il piano Industria 4.0, le politiche per il digitale nelle imprese, rimodulate soprattutto negli ultimi mesi, portano proposte interessanti per il rilancio economico e pongono l’attenzione sul ruolo - a lungo dimenticato dai Governi - del digitale per la competitività e per la sopravvivenza del business.

Affinché il supporto delle istituzioni possa avere un reale effetto positivo sull’economia, tre sono le condizioni preliminari necessarie. La prima è la stabilità nel tempo delle iniziative, che devono avere durata pluriennale (auspicabilmente di almeno 5 anni). In secondo luogo, è fondamentale definire tempestivamente i termini applicativi delle normative, poiché la mancanza di chiarezza riduce la fiducia delle imprese verso le istituzioni e rende difficile la programmazione di medio periodo degli investimenti. Infine, è essenziale semplificare la burocrazia, poiché ad oggi essa rappresenta un enorme ostacolo per le imprese, non soltanto per l’accesso agli incentivi.

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  • Autore

Gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano sono un punto di riferimento qualificato sull’Innovazione Digitale in Italia.