Delle 4,4 milioni di imprese che costituiscono il tessuto imprenditoriale italiano, il 95% è rappresentato dal comparto microimprese, ossia realtà con meno di 10 addetti. Seguono le piccole medie imprese (PMI), che hanno tra i 10 ed i 249 addetti e pesano il 4,9% sul totale, ed infine le grandi con oltre 250 addetti, che valgono il residuale 0,1%.
L'ecosistema imprenditoriale italiano in numeri
Se in termini numerici il comparto PMI del nostro Paese è allineato rispetto all’Europa, con una percentuale sul totale imprese simile ai Paesi vicini quali Francia e Spagna, si registra un divario sulla presenza delle microimprese e ancor più sulle grandi.
La presenza di microimprese in Italia è infatti più spiccata rispetto alla media europea (93%) e ad alcuni Paesi, quale la Germania (82%). Di contro, solo lo 0,09% delle imprese italiane supera i 250 addetti, contro lo 0,14% francese, lo 0,19% europeo, e addirittura lo 0,48% tedesco (5 volte tanto!).
Il confronto con l'UE: occupati e produttività
La distribuzione degli occupati tra i diversi comparti dimensionali riflette la distribuzione dimensionale di imprese, con una maggior quota di occupati nelle fasce di imprese più piccole. In Italia, le imprese sotto ai 10 addetti cubano infatti il 45% degli occupati, contro il 30% della Francia, il 19% della Germania ed il 29,5% dell’UE28. Le PMI occupano il 21% del totale mercato, valore simile al 20% della media UE e della Spagna e di poco superiore al 19% della Francia. Per le grandi imprese, la forza lavoro impiegata è solo il 21% nel nostro Paese, contro il 33% della Francia, il 37% della Germania, e il 33% dell’UE.
Se da un lato emerge una polarizzazione dell’Italia verso le imprese con dimensioni più piccole, il divario più consistente rispetto agli altri Stati Membri emerge però in termini di produttività tra i diversi comparti dimensionali. Le imprese sotto ai 10 addetti, che abbiamo visto essere molto rilevanti nel nostro tessuto imprenditoriale, hanno una produttività considerevolmente inferiore alle controparti europee: generano in media un valore aggiunto di 30mila euro per addetto, contro i 46mila di Francia e Germania e i 35mila europei. Tra i Paesi europei più popolosi, solo la Spagna (25mila) e la Polonia (10mila) fanno peggio.
Guardando invece alle performance di PMI e grandi imprese, l’Italia si attesta al sopra della media europea: le nostre piccole medie imprese generano un valore aggiunto di 56,5mila euro per addetto, sensibilmente superiore ai 48mila euro della media europea, mentre per le grandi imprese si parla di 73,7mila euro per addetto, contro i 73,2mila della Francia, 70,7mila della Germania ed i 66mila dei 28 Paesi UE nel loro complesso.
Le PMI per ridurre il gap con gli altri Paesi europei
Quello che i dati dicono è che il grande divario tra l’Italia e gli altri Paesi europei risiede in una inferiore produttività delle nostre microimprese, che hanno un peso sul nostro sistema economico più spiccato rispetto al resto dell’UE, e in una scarsa presenza di grandi imprese, che al contrario performano meglio.
In questo quadro, le PMI emergono come un segmento solido e resiliente, che, malgrado gli svariati ostacoli del sistema Paese e l’avvicendarsi di congiunture macroeconomiche negative, in primis la Grande Recessione, è riuscito non solo a crescere dimensionalmente, ma anche a raggiungere livelli di performance migliori delle controparti europee.
Lavorare sulla competitività delle PMI e ridurre il gap di produttività che ad oggi esse registrano rispetto alle grandi realtà rappresentano fattori chiave per sbloccarne l’ampio potenziale ancora inespresso. In tal senso, l’innovazione digitale può consentire anche alle imprese più piccole di raggiungere nuovi paradigmi di competitività, dalla ricerca di efficienza e dalla rivisitazione di singoli processi fino alla creazione di veri e propri nuovi modelli di business.
Giorgia Sali e Francesco Olivanti - Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI
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