Smart Working nel privato: linee guida e ultime novità per le aziende

09 ottobre 2023 / Di Fiorella Crespi / 0 Comments

Dopo essere stato sdoganato in risposta all'emergenza sanitaria, lo Smart Working si è diffuso sia nelle grandi realtà sia nelle medie-piccole imprese. Ma quale sarà il suo destino? Se da un lato le organizzazioni stanno sperimentando il giusto modello riguardo al numero di giornate in presenza e da remoto, dall'altro gli smart worker non sono disposti a rinunciare alla flessibilità raggiunta e desiderano, anche in futuro, lavorare mediamente 3 giorni a settimana. In questa guida, attraverso la Ricerca dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, approfondiamo quindi quali sono le linee guida aggiornate del lavoro agile per i privati, descrivendone anche l'evoluzione durante le varie fasi dell'emergenza sanitaria e le prospettive future.

In questa pagina:

Lo Smart Working nel settore privato

Il decreto datato 17 marzo 2022 ha confermato la fine dello stato d'emergenza in Italia al 31 marzo 2022, ma ha al contempo prorogato lo Smart Working in regime semplificato. Dal 1° gennaio 2023 è rientrata in vigore la Legge n.81/2017, che prevede l’applicazione dello Smart Working mediante un accordo individuale tra datore di lavoro e dipendenti.

Con il Decreto Ministeriale n.149 del 22 agosto 2022 il Ministero del Lavoro ha fornito un nuovo modello di comunicazione da inviare in via telematica, che il datore di lavoro è tenuto a comunicare entro cinque giorni successivi dall'inizio dell'attività lavorativa in Smart Working, oppure, in caso di estensione dell'attività, dal giorno antecedente alla proroga.

Al fine di facilitare l'inoltro massivo delle comunicazioni di lavoro agile, a partire dal 15 dicembre 2022 è stata resa disponibile una modalità alternativa di invio mediante l'applicativo informatico che consente di assolvere agli obblighi in modo ancor più semplice e veloce tramite un file Excel.

Il diritto allo Smart Working: lavoratori super fragili, fragili e genitori di figli under 14

Nel corso degli ultimi anni determinate categorie di lavoratori hanno potuto esercitare un diritto soggettivo nel richiedere lo Smart Working al proprio datore di lavoro. Con il decreto legge 132/2023 del 29 settembre è stato nuovamente prorogato il diritto allo Smart Working fino al 31 dicembre 2023, in particolare per i dipendenti super fragili (ovvero affetti da patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità) di aziende private, oltre che di pubbliche amministrazioni.

Diversamente dalle PA, nel settore privato tale diritto è esteso anche ad altre due categorie di lavoratori: i dipendenti fragili (ossia coloro che, a seguito di un accertamento medico, risultano maggiormente esposti al contagio da Covid-19, a causa di età o immunodepressione) e i genitori di under 14. Per i lavorato fragili il diritto è stato concesso a condizione che le mansioni siano compatibili con lo svolgimento da remoto. Lo stesso vale per i genitori di figli sotto i 14 anni, con l'ulteriore condizione che l’altro genitore non lavori o non benefici di ammortizzatori sociali.

Com'è regolato lo Smart Working nel privato

La legge 81/2017

Prima dell'emergenza sanitaria, il lavoro agile (per privati e PA) era regolato dalla legge n°81/2017, che contiene una serie di disposizioni in materia di lavoro agile come "modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti", al fine di "incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro".

La legge definisce i diritti del lavoratore, il potere di controllo del datore di lavoro, gli strumenti tecnologici e le modalità di esecuzione del lavoro da remoto. Inoltre, per l'effettiva adozione del lavoro agile si fa riferimento ad un accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, in cui devono essere stabiliti:

  • le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali e di esercizio del potere di controllo del datore di lavoro;
  • gli strumenti utilizzati dal lavoratore;
  • i tempi di riposo del lavoratore;
  • le misure per garantire la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

Inoltre, l'accordo può essere a termine o indeterminato e, in quest'ultimo caso, il recesso deve essere indicato con un preavviso non inferiore ai 30 giorni (90 giorni nel caso di lavoratori disabili). In caso di un giustificato motivo, il recesso può essere richiesto da ciascuna delle parti prima della scadenza (in caso di accordo a termine) o senza preavviso (in caso di accordo a tempo indeterminato).

Il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile

Con il protrarsi dell'emergenza sanitaria, nel 2021 il ricorso al lavoro agile è cresciuto esponenzialmente rispetto al periodo pre-pandemico. Basti pensare a come si sia passati da 570.000 lavoratori agili nel 2019 a circa 4 milioni nel terzo trimestre 2021. Attraverso un Gruppo di studio, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha così esaminato gli effetti dello svolgimento delle attività lavorative in modalità agile.

È apparso chiaro come questa soluzione stesse contribuendo a migliorare non solo il benessere delle persone ma anche l'organizzazione aziendale, permettendo di garantire la continuità operativa nonostante le numerose restrizioni. Sono emerse tuttavia anche numerose criticità, legate soprattutto ad aspetti come il coordinamento dei lavoratori agili, la condivisione di informazioni o il bilanciamento corretto delle pause. Al fine di attenuare tali difficoltà e fare chiarezza su come gestire lo Smart Working, è stato definito a fine 2021 il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile.

Il Protocollo, sottoscritto il 7 dicembre 2021, definisce le basi per una corretta applicazione del lavoro agile nel settore privato, e fornisce le linee guida per una futura contrattazione collettiva, nazionale e aziendale e/o territoriale, fermi restando gli accordi in essere anche individuali. Secondo il Protocollo l'adesione al lavoro agile è su base volontaria e, come definito dalla sopracitata legge 81/2017, richiede la stipulazione per iscritto di un accordo individuale, coerentemente con i contenuti della eventuale contrattazione collettiva.

L'accordo individuale così sottoscritto deve prevedere i seguenti elementi:

  • la durata dell'accordo (determinato o indeterminato);
  • l'alternanza tra periodi di lavoro all'interno e all'esterno dei locali aziendali;
  • le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, con indicazioni sulle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed eventuali condotte punibili da sanzioni disciplinari;
  • gli strumenti di lavoro;
  • i tempi di riposo del lavoratore così come le modalità necessarie per assicurare la sua disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
  • l'attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento del lavoro in modalità agile;
  • le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.

Luogo e orari di lavoro: due temi chiave

Tra i componenti dell'accordo individuale, l'orario e il luogo di lavoro sono due fattori cruciali ai quali il Protocollo dedica particolare attenzione. Secondo la normativa:

  • il lavoratore è libero di scegliere il proprio luogo di lavoro, purché esso garantisca uno svolgimento regolare delle attività, in condizioni di sicurezza e riservatezza;
  • la giornata lavorativa svolta in modalità agile non ha un preciso orario di lavoro e le attività vengono svolte in autonomia, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale.

Il fatto che non ci siano vincoli di orari non implica che il datore di lavoro non possa imporre limiti quali un orario di reperibilità, pianificazione del programma settimanale o l'obbligo di lavorare in sede in determinati giorni.

Il diritto alla disconnessione: dal 2017 ad oggi

In tema di orari di lavoro, come già anticipato dalla legge n°81/2017, l'accordo deve prevedere le modalità di disconnessione, ossia i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative per la sua disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

Ma prima di arrivare al Protocollo la normativa sulla disconnessione ha visto alcuni cambiamenti. Infatti, se è vero che nel corso della pandemia gli strumenti digitali hanno portato benefici ai lavoratori e ai datori di lavoro, è anche vero che spesso si è intensificato il lavoro e si sono estesi gli orari, rendendo meno netti i confini tra lavoro e vita privata. Al fine di limitare la cultura del "sempre connessi" ed evitare il decadimento verso fenomeni come la dipendenza dalle tecnologie, disturbi del sonno o burnout, a gennaio 2021 l'UE è intervenuta affinché gli Stati membri garantissero modalità pratiche per la disconnessione dagli strumenti digitali di lavoro, nonché eventuali deroghe, tutele e misure di sensibilizzazione e formazione sui luoghi di lavoro.

Su questo fronte è quindi intervenuta anche l'Italia, con il ddl di conversione del DL 30/2021 approvato a maggio 2021 secondo il quale "è riconosciuto al lavoratore che svolge l'attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche". Ed è importante evidenziare il fatto che si sia parlato di un diritto, poiché ciò evidenzia quanto sia importante tutelare la salute fisica e mentale del lavoratore senza che vi siano ripercussioni sul rapporto di lavoro o sulla retribuzione.

Gli strumenti di lavoro

Per quanto riguarda gli strumenti tecnologici ed informatici necessari per lo svolgimento del lavoro agile, essi possono essere forniti dal datore di lavoro o essere propri del lavoratore, purché siano idonei allo svolgimento delle attività e rispettino i requisiti di sicurezza. In caso di guasto, furto o smarrimento delle attrezzature, il datore di lavoro e il lavoratore devono concordare modalità alternative per l'esecuzione della prestazione lavorativa, considerando anche un eventuale rientro presso la sede aziendale.

Salute e sicurezza sul lavoro

In caso di prestazione svolta in modalità agile, il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori fornendo un'informativa scritta sui rischi associati alle modalità di svolgimento del lavoro, mentre i lavoratori devono cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione per fronteggiare i rischi connessi al lavoro svolto al di fuori della sede aziendale. Inoltre, i lavoratori agili hanno diritto di tutela in caso di infortuni sul lavoro e malattie professionali e i datori di lavoro devono garantire la copertura assicurativa INAIL.

Il futuro dello Smart Working dopo l'emergenza

Lo Smart Working si è diffuso a macchia d’olio durante la pandemia (in modalità più o meno formali) ed è destinato a diventare un modello ordinario di organizzazione del lavoro. All’interno del settore privato si rilevano tuttavia alcune differenze fra le imprese: infatti, guardando alle piccole-medie imprese si nota un certo desiderio di fare marcia indietro e ritornare in presenza. Ma è davvero possibile e, soprattutto, sensato, tornare alle modalità di lavoro pre-pandemia? Per pensare alla risposta, occorre ricordare che lo Smart Working non è solo una misura per conciliare vita e lavoro, che non si tratta solo di “lavorare da casa” e che la flessibilità di luogo e orario possono costituire un vantaggio per dipendenti e datori di lavoro. Per cogliere i reali benefici dello Smart Working molte aziende devono ancora compiere un cambiamento organizzativo e culturale, così come adottare nuovi modelli manageriali.

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  • Autore

Research Director HR Innovation Practice and Smart Working