Challenger Bank, cosa sono e diffusione in Italia e UE

Aggiornato il / Di Laura Grassi

Le challenger bank costituiscono uno dei principali cambiamenti del settore bancario portati dal Fintech (Finance Technology). Si tratta di organizzazioni che offrono servizi basilari di moneta elettronica e di trasferimento fondi, senza però la completezza delle opportunità di finanziamento e gestione delle vere e proprie banche. Queste realtà stanno guadagnando sempre più terreno, grazie alla loro capacità di offrire servizi finanziari innovativi, accessibili e orientati al cliente.

Ma cosa significa Challenger Bank? In che cosa differiscono rispetto alle banche tradizionali? In che misura sono diffuse in Italia e in Europa? È ciò che scopriremo in questo articolo, realizzato dall’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano.

Nello specifico approfondiremo:

  • Cosa vuol dire Challenger Bank
  • La diffusione delle Challenger Bank in Europa

Cosa vuol dire Challenger Bank

Per comprendere cosa sono le challenger bank è indispensabile iniziare con una puntuale definizione.

Secondo l’Osservatorio Fintech e Insurtech le challenger bank sono entità nate per rispondere alle esigenze di un target digital oriented che richiede servizi bancari semplificati, come un conto di pagamento o un conto corrente, gestibili principalmente - o esclusivamente - tramite dispositivi mobili.

Le challenger bank, nello specifico, consentono agli utenti retail di depositare il proprio denaro e di avere accesso al mondo dei pagamenti, sia in uscita che in entrata. Allo stesso tempo offrono agli utenti business soluzioni per ricevere delle forme di credito in maniera più rapida, o strumenti per gestire la propria operatività con i clienti in modo più agile e veloce, in modo totalmente digitale.

Le challenger bank, nonostante l’offerta di questi servizi, non costituiscono necessariamente delle vere e proprie banche da un punto di vista legale. Molte volte, infatti, queste realtà optano per licenze più agili, come quella per la moneta elettronica. In questo caso, però, la loro operatività è chiaramente più limitata rispetto a quella di una banca autorizzata. Infatti, le challenger bank non possono erogare credito. Tuttavia, permettono di aprire nuovi conti con finalità di pagamento, effettuare pagamenti associando carte o altri strumenti, emettere moneta elettronica, ecc.

Altre volte, invece, le challenger bank ottengono una vera e propria licenza bancaria, e possono definirsi istituiti bancari a tutti gli effetti, anche da un punto di vista legale.

In che cosa differiscono Challenger Bank e banche tradizionali?

Per capire meglio cosa sono le challenger bank, è fondamentale comprendere il significato stesso di "banca". Nel Testo Unico Bancario (TUB) viene definita attività bancaria la raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito. Le banche sono enti a cui è concessa l’autorizzazione per effettuare determinate attività finanziarie. Queste attività, per la loro rilevanza sistemica – come ad esempio la fornitura di conti deposito, l'erogazione di prestiti o di servizi d'investimento – sono soggette a specifiche normative dettate dal regolatore, che in Italia e in Europa è rappresentato dalla BCE (Banca centrale europea).

Per esercitare la maggior parte delle attività finanziarie, il requisito è di disporre di un'autorizzazione emessa dal regolatore, e le banche dispongono di un'autorizzazione specifica. Lo stesso uso improprio del termine "banca" è considerato un reato. Non è raro, infatti, che in diversi casi le challenger bank sprovviste di licenza bancaria e operanti con altre tipologie di autorizzazione con alcune limitazioni rispetto alle "banche" siano state richiamate dalle autorità di regolamentazione.

Indipendentemente dal possesso di una licenza bancaria, le challenger bank mirano a scardinare specifiche caratteristiche della banca tradizionale. Un esempio può essere la semplificazione del processo di onboarding, eliminando la necessità di compilare molti documenti.

Qual è la differenza tra Challenger Bank e Neobank?

La differenza tra challenger bank e neobank, invece, è molto sottile rispetto a quella tra challenger bank e banca tradizionale. La differenza sostanziale, infatti, risiede nel senso che si vuole dare a questi due attori. Challenger bank, in particolare, fa riferimento a realtà che vogliono porsi come competitor di istituti bancari tradizionali attraverso la semplificazione di determinate procedure. È il caso, ad esempio, dell’eliminazione delle filiali o della facilitazione di pratiche burocratiche. Neobank, invece, è un termine che viene utilizzato per indicare una banca che si vuole differenziare completamente dalle banche tradizionali, senza cercare di competere direttamente con esse.

Molto spesso, tuttavia, questi due termini tendono a essere considerati sinonimi. L'adozione di uno o dell'altro termine varia anche in base all'area geografica. Ad esempio, in Francia è più diffuso il termine “neobank”, mentre in Italia e nel Regno Unito prevale “challenger bank”.

In ogni caso, si può affermare che le challenger bank e le neobank segnano un cambiamento notevole nel modo di erogare e fruire dei servizi finanziari.

La diffusione delle Challenger Bank in Europa

L’Osservatorio Fintech e Insurtech ha mappato le challenger bank presenti in Europa nate dopo il 2009, valutandole dal punto di vista del consumatore finale, e non del regolatore. Sono state prese in considerazione, dunque, tutte quelle realtà – aventi licenza bancaria e non – che offrono servizi bancari innovativi e semplificati.

A giugno 2022 sono state individuate 120 challenger bank operanti in Europa. Nel censimento sono state incluse le challenger bank del Regno Unito, Paese che detiene una posizione preminente nel settore Fintech, grazie a un livello di libertà più elevato rispetto ai Paesi sottoposti alla centralizzazione della BCE, consentendo alle startup Fintech (in particolare con sede a Londra) di avere un accesso ai fondi più efficiente.

Delle 120 startup Fintech individuate, ben 56 ricorrono al modello BaasS, o Banking-as-a-Service. Questo modello consente di fornire servizi bancari ad attori terzi attraverso API (Application Programming Interfaces, ossia interfaccia di programmazione delle applicazioni).

È proprio grazie al Banking-as-a-Service, quindi, che anche le realtà che non possiedono una licenza bancaria possono offrire servizi finanziari personalizzati ai propri clienti. È il caso, ad esempio, di conti correnti online, prestiti, investimenti, assicurazioni, ma non solo. Grazie alla loro natura digitale possono offrire anche servizi più innovativi, come l’acquisto o la custodia di criptoasset. Il tutto senza il processo oneroso relativo ai costi per ottenere una licenza.

Tuttavia, non tutte le challenger bank si affidano al Banking-as-a-Service. Oltre ai modelli Baas ci sono 64 realtà che hanno una propria licenza (anche se non sempre bancaria), operando così in maniera indipendente. Infine, 29 Fintech offrono servizi come carte di pagamento o addirittura conti mediante l’autorizzazione di Istituti di Moneta Elettronica.

Oltre a servizi di base, quasi la metà delle challenger bank (44%) propone investimenti in asset finanziari o in conto depositi, il 23% offre prestiti e il 20% polizze assicurative.

Challenger Bank in Italia

Qual è il panorama delle challenger bank nel contesto italiano?

Sempre secondo la Ricerca dell’Osservatorio Fintech e Insurtech 14 challenger bank hanno sede in Italia. Altre 26 realtà (per un totale di 40) offrono servizi nel Bel Paese grazie alla possibilità di passaportare licenze erogate dalla BCE da altri Paesi dell’UE. Questo processo di "passaporto" delle licenze permette alle banche e agli enti finanziari di operare oltre i confini nazionali, sfruttando una singola autorizzazione ottenuta in uno degli Stati membri per espandere efficacemente i loro servizi in tutto il mercato unico europeo, senza la necessità di ottenere licenze separate in ogni Paese.

Challenger Bank nelle PMI e nelle microimprese

Tornando al contesto europeo, è doveroso sottolineare che la maggior parte delle challenger bank (93), inoltre, si rivolge ai privati. Tuttavia, oltre ai segmenti retail, le challenger bank negli ultimi anni hanno iniziato a rivolgersi anche a clienti business. Sempre secondo il censimento dell’Osservatorio, infatti, PMI (piccole e medie imprese) e micoimprese sono state raggiunte da 45 e da 55 challenger bank europee. In questo caso si tratta di servizi che vanno oltre i prodotti di base, attraverso possibilità di acquistare polizze assicurative o di effettuare investimenti (spesso erogati grazie a partnership con attori terzi in modalità white label).

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  • Autore

Ricercatrice al Politecnico di Milano dove svolge attività di ricerca e formazione su temi Fintech e di Corporate Governance ed è titolare del corso in Investment Banking. È inoltre Direttore dell'Osservatorio Fintech & Insurtech.