Negli ultimi anni il numero dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni è aumentato notevolmente ed è diminuito nella fascia dei giovani tra i 15 e i 34 anni. Questo aspetto influisce anche nelle organizzazioni, in quanto è sempre più necessario affrontare il tema della Age Diversity con progetti efficaci di Age Management. Occorre creare un equilibrio tra le competenze e i modelli di pensiero delle diverse generazioni all’interno dell’organizzazione. In che modo? Scopriamolo in questo articolo, realizzato dall’Osservatorio HR Innovation Practice della POLIMI School of Management.
Che cos’è l’Age Management e come funziona
L'Age Management rientra nelle attività organizzative di gestione e inclusione delle diversità. Con questa espressione si intendono una serie di iniziative aziendali mirate a valorizzare i punti di forza delle diverse generazioni presenti nell’ambiente di lavoro. Questo perché la diversità generazionale, se gestita correttamente, può valorizzare i lavoratori e influire positivamente sui risultati di business.
Non esiste un’unica best practice riguardante l’Age Management, perché l’efficacia delle iniziative dipende dal contesto in cui vengono sviluppate.
Tuttavia, è certo che non è sufficiente concentrarsi su un unico target come le nuove generazioni o quelle più senior, perché in questo modo si rischia di non cogliere le opportunità derivanti dall’integrazione delle diverse fasce d’età. Persone di diverse generazioni all’interno di uno stesso luogo possono essere una risorsa o un limite: tutto dipende da come si decidere di affrontare il tema.
Corrette politiche di Age Management dovrebbero portare al superamento dei tradizionali stereotipi sull’età, sviluppando un orientamento al confronto che garantisca a tutti di sviluppare appieno il proprio potenziale.
Age Management in Italia: criticità ed esempi
In Italia la gestione delle diversità non è ancora fra gli obiettivi principali degli addetti alla gestione delle risorse umane. Il tema dell’Age Management è, però, destinato ad assumere sempre più rilevanza a fronte di diversi elementi e trend del mercato del lavoro.
Age Management per lo squilibrio generazionale
Il divario generazionale è alimentato da due fattori. Da un lato troviamo il naturale allungamento della vita e le riforme previdenziali che innalzano l’età pensionabile. Dall’altro diminuiscono gli under 35 occupati, a causa di fattori demografici (come l’emigrazione). In questo contesto, diventa inevitabile avere delle politiche ad hoc per gestire le diverse generazioni al lavoro.
Una ricerca dell’Eurostat ha calcolato che nel 2021 sono stati circa 4 milioni 588mila i lavoratori over 55, ossia il 53,4% dei lavoratori totali. Se nel 2001 i lavoratori under 35 erano quasi il quadruplo degli over 55 (8,3 milioni a fronte di 1,8 milioni), nel 2021 il rapporto quasi si equivale, con un totale di 4 milioni 929mila lavoratori tra i 15 e i 34 anni.
Il tema dell’Age Management è fortemente sentito dalla Pubblica Amministrazione, dove l’età media dei lavoratori è di 50 anni. Per raggiungere la media di 44 anni nel 2028, come previsto dal Ministro per la Funzione Pubblica, occorrerà assumere circa 1,3 milioni di nuovi collaboratori con un’età media di 28 anni. A oggi, tuttavia, i nuovi lavoratori al momento dell’ingresso hanno in media 32 anni. Nonostante questo, nella PA le iniziative di Age Management sono pressoché inesistenti e, più si continuerà a ignorare il tema, tanto più diventerà drammatica la situazione nei prossimi anni.
Age Management per superare le discriminazioni per età
Un altro motivo che rende necessario l’introduzione di iniziative di Age Management nel Paese è rappresentato dalle discriminazioni per età sul lavoro.
Secondo un’indagine dell’Osservatorio realizzata in collaborazione con DOXA, in cui hanno preso parte 1500 lavoratori, è risultato che il 36% si è sentito discriminato al lavoro almeno una volta per ragioni riconducibili all’età.
Al fine di gestire al meglio i lavoratori appartenenti a diverse fasce d’età, dai più giovani alle figure più senior, è fondamentale attuare delle politiche mirate. Tra le principali, possiamo trovare:
- attività d imentoring/coaching per favorire lo scambio generazionale e migliorare le competenze;
- politiche di engagement diversificate a seconda della generazione di appartenenza;
- iniziative per l’integrazione di culture e approcci diversi sulla base dell’età, come il team building, che prevede attività formative volte a migliorare la coesione del gruppo di lavoro, o il reverse coaching (chiamato anche reverse mentoring), in cui figure junior e senior imparano a vicenda nuove competenze.
Sempre dalla Ricerca dell’Osservatorio, è emerso che le organizzazioni concentrano le proprie iniziative per combattere le discriminazioni basate sull’età principalmente sui giovani e meno sui profili più senior. Le iniziative specifiche per gli under 35, infatti, rappresentano più del triplo rispetto a quelle destinate agli over 50.
Un esempio di Age Management: il caso di Saras
Un caso di successo di Age Management in Italia si è registrato all’interno di Saras , azienda operante nell’ambito della raffinazione del petrolio. Per capitalizzare e trasmettere il patrimonio di esperienze e di know-how a tutti i dipendenti, l’organizzazione ha attivato un piano di formazione attraverso il Digital Micro Learning. Questo progetto prevedeva la creazione di percorsi formativi sottoforma di contenuti digitali molto brevi, chiamati Learning Cards, realizzati da un gruppo Focal Point, composto da giovani lavoratori.
Ai colleghi più senior, invece, è stato affidato il ruolo di Validatori che, attraverso competenze specialistiche, hanno supportato i Focal Point nell’elaborazione dei contenuti. I benefici di questa iniziativa sono stati molteplici: la collaborazione tra figure senior e junior ha portato all’apprendimento di skills digitali da un lato e di saperi specialistici dall’altro. Inoltre, la valorizzazione generale delle proprie competenze ha comportato un aumento dell’engagement e della proattività di tutti i collaboratori.
- Autore
Ricercatrice dell'Osservatorio HR Innovation Practice e dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano
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