La quotazione di Coinbase: un momento “spartiacque”

27 maggio 2021 / Di Giacomo Vella / 0 Comments

Nel giugno 2012 Brian Armstrong, un ex ingegnere di Airbnb, fondava un sito web chiamato Coinbase. Nell'ottobre dello stesso anno, l'azienda lanciava il primo servizio online per comprare e vendere Bitcoin attraverso trasferimenti bancari.

Oggi, dopo meno di 10 anni di attività, Coinbase conta 56 milioni di utenti verificati, di cui oltre 6 milioni attivi mensilmente, che solo nei primi tre mesi del 2021 hanno transato un totale di 335 miliardi di dollari sulla piattaforma. Un volume di attività che sono valsi al crypto exchange 1.8 miliardi di dollari in revenue nei soli primi 3 mesi del 2021.

Numeri da capogiro, dichiarati poche settimane prima di una IPO che si appresta ad entrare nella storia. Coinbase è infatti la prima grande società di criptovalute a quotarsi in borsa. L’operazione è avvenuta attraverso un direct listing che ha permesso all’azienda di raggiungere la valutazione stimata di 100 miliardi di dollari, salvo poi crollare e assestarsi intorno a 60 miliardi.

I risultati ottenuti da Coinbase sono sicuramente importanti, ma quale sarà l’impatto di questa operazione sul settore degli exchange, delle criptovalute e della finanza tradizionale?

 

Il Coinbase effect sulla finanza tradizionale

La quotazione di Coinbase si inserisce in un momento storico cruciale per il settore delle criptovalute. Nei mesi precedenti la quotazione, avvenuta il 14 aprile 2021, il mercato crypto ha assistito a rialzi importanti nei prezzi, che hanno fatto registrare nuovi record di capitalizzazione per le principali criptovalute.

Il valore del Bitcoin è passato dai 9.000$ della scorsa estate ad un picco di quasi 65.000$, toccato proprio il 14 aprile. Nello stesso periodo Ethereum, la seconda criptomoneta più capitalizzata, ha incrementato il suo valore di un 10x, segnando un massimo storico di oltre 4.360$.

Nell’ultimo periodo abbiamo invece assistito a forti discese: BTC e ETH hanno perso circa il 40%, mentre altre altcoin hanno perso anche fino al 70% dai massimi. Del resto, quello delle criptovalute è un mercato ancora molto speculativo ed estremamente volatile. Un settore dove l’hype per un progetto può esplodere e sgonfiarsi nel giro di pochi giorni, e dove spesso movimenti rilevanti sui prezzi sono determinati da singoli eventi che hanno forte risonanza mediatica.

Nel mondo crypto è ad esempio noto il “Coinbase effect”, ovvero il significativo aumento del prezzo dei token nei momenti immediatamente successivi alla loro quotazione sull’exchange di Brian Armstrong.

Ora che è la stessa Coinbase a quotarsi, potremmo osservare un differente “Coinbase effect”. La IPO della piattaforma potrebbe infatti avere un forte impatto sul settore delle criptovalute e degli exchange, finanche alla finanza tradizionale.

Gli exchange competitor di Coinbase, come Gemini, Kraken, e Binance potranno beneficiare dell’interesse che la quotazione di Coinbase porterà al mercato delle criptovalute, avvicinandolo all’industria finanziaria tradizionale. In questo scenario è probabile che anche altre piattaforme decidano di sfruttare il momento favorevole per quotarsi in Borsa seguendo le orme di Coinbase.

Ad esempio è noto che Kraken, pur avendo un numero di utenti e volumi di scambio minori rispetto a Coinbase, stia già considerando una IPO per il 2022.

Ecco perché siamo di fronte a un momento storico, definito “spartiacque” da molti investitori. Un evento che segna l’unione del mondo finanziario tradizionale con il settore crypto.

Lo sbarco di Coinbase a Wall Street ha contribuito ad abbattere una barriera e a legittimare il settore delle criptovalute tra gli investitori tradizionali, concorrendo anche ad ampliarne la base di utenti.

L’impatto di questo evento sarà importante anche per banche e le istituzioni finanziarie tradizionali. Non solo per quelle a digiuno di tematiche Blockchain ma anche per quelle che in questi mesi hanno iniziato a offrire servizi come la tokenizzazione di securities finanziarie, pagamenti in stablecoin o il trading e custodia di asset digitali per clienti istituzionali.

 

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Exchange centralizzati (CEX) vs Exchange decentralizzati (DEX)

Mentre Coinbase e gli altri exchange centralizzati provano ad istituzionalizzarsi avvicinandosi alla finanza tradizionale, stanno crescendo anche degli altri servizi di exchange, con caratteristiche diverse da quelli fin qui citati.

Si tratta degli exchange decentralizzati, spesso indicati con la sigla “DEX”, ovvero protocolli che esistono su una Blockchain e che permettono di effettuare scambi peer-to-peer di criptovalute e token senza affidarsi a un intermediario centrale (come può essere Coinbase, Binance o gli altri exchange di questo tipo, che infatti vengono definiti “centralizzati”).

Gli scambi avvengono grazie a un insieme di smart contract che costituisce il protocollo stesso di un DEX. In questo modo l’utente non deve mai cedere la custodia dei propri token ad un agente mediatore di cui deve fidarsi. I fondi sono mossi da un protocollo open source, in un ambiente trasparente e trustless.

L’assenza di un intermediario fidato non è però l’unica differenza tra exchange centralizzati (“CEX”) e decentralizzati (“DEX”). La decentralizzazione non è infatti solamente una differenza “filosofica” tra due mondi, ma piuttosto un fattore architetturale che permette ambiti di utilizzo diversi e che abilita servizi unici, tecnicamente impossibili per un CEX tradizionale.

Un esempio di servizi di questo tipo sono i flash loan: prestiti in criptovaluta che possono essere presi senza collaterale e senza un massimale, con la sola clausola di doverli prendere e restituire all’interno della stessa transazione. Questi prestiti vengono utilizzati per interagire on-chain con dei protocolli DeFi come quelli dei DEX, ad esempio per sfruttare opportunità di arbitraggio.

Può sembrare fantascienza, ma i flash loan sono uno strumento reale e funzionante ormai da diversi mesi (disponibili su protocolli come Aave, ad esempio), che permettono operazioni sui DEX chiaramente impossibili per i più tradizionali exchange centralizzati.

flash loan excahnge

Anche grazie a questo tipo di applicazioni innovative, gli exchange decentralizzati stanno beneficiando del vento in poppa nel mercato crypto e, similmente ai servizi centralizzati, hanno visto una grande crescita negli ultimi mesi.

Dall’inizio dell’anno infatti, protocolli come Uniswap e Curve Finance hanno più che triplicato i Total Value Locked nelle rispettive piattaforme (ovvero il valore totale dei token bloccati negli smart contract di questi protocolli, è una metrica molto diffusa per confrontare le dimensioni di diversi DEX) e si stanno avvicinando ai volumi transati su alcuni degli exchange centralizzati come Coinbase.

La crescita del Total Value Locked complessivo negli exchange centralizzati

Tuttavia, le alte commissioni per le transazioni sulla rete Ethereum sono ancora un grande ostacolo e costituiscono una forte barriera all’utilizzo dei protocolli decentralizzati, soprattutto per i piccoli investitori.

Questo limite è però destinato a scomparire nei prossimi mesi: è già live la Beacon Chain di Ethereum 2.0 e si stanno affermando diverse soluzioni Layer2 (come Polygon), capaci di offrire transazioni più efficienti (quindi molto meno costose) senza sacrificare la decentralizzazione.

 

Siamo davanti a mondi in competizione?

La crescita del mercato delle criptovalute è indissolubilmente legata all’adozione e all’utilizzo delle piattaforme di exchange, siano queste centralizzate o decentralizzate.

Se da un lato i nuovi utenti entrano in questo mercato necessariamente attraverso i servizi centralizzati come Coinbase (poiché, a differenza dei DEX, permettono di comprare le crypto con valute fiat), anche le piattaforme decentralizzate hanno ampliato la loro base di utenti, arrivando a transare volumi paragonabili ai maggiori exchange centralizzati.

Ne è un esempio il successo di Uniswap - il principale DEX su Ethereum – tanto da essere ripreso perfino dal Wall Street Journal, che ha suggerito come gli exchange decentralizzati possano rappresentare una minaccia crescente per Coinbase e gli altri CEX.

In effetti, Uniswap ha avuto un volume di scambio di 36,6 miliardi di dollari in aprile, rispetto ai 110 miliardi di dollari di Coinbase. Quest’ultimo aveva elencato la concorrenza degli exchange decentralizzati come un potenziale rischio commerciale prima della quotazione in borsa.

Tuttavia, non è del tutto corretto parlare di competizione tra CEX e DEX.

Nello stato attuale - ancora embrionale - di sviluppo di questo mercato, le piattaforme centralizzate e decentralizzate si rivolgono essenzialmente a target di utilizzatori differenti, che non differiscono solamente dall’esperienza degli utenti nel mondo crypto e dalla confidenza con la tecnologia Blockchain.

Le due tipologie di exchange rappresentano due approcci differenti, che in ultima analisi si riflettono in obiettivi e finalità di utilizzo diverse.

La competizione quindi, non si sta giocando su questo piano. Sarà anzi interessante osservare come questi due mondi si svilupperanno nel prossimo futuro: la crescita continuerà parallelamente per entrambi? Il “Coinbase effect” impatterà positivamente anche i DEX?

Diversi addetti ai lavori già prevedono una convergenza tra le due architetture, espandendo il concetto di “Money Lego” anche ai servizi centralizzati.

Un’integrazione tra i due mondi, infatti, potrebbe portare benefici ad entrambi.

Uno scorcio su un futuro possibile per il settore dei crypto exchange è lo scenario disegnato da Hayden Adams, founder di Uniswap, secondo cui le grandi piattaforme centralizzate come Coinbase in futuro attingeranno dalla liquidità di Uniswap e degli altri DEX per offrire i propri servizi, offrendo quindi interfacce utente ottimizzate e facilità di utilizzo anche per gli utenti meno esperti, ma che si baseranno sui protocolli DEX per offrire i propri servizi di trading.


Giacomo Vella, Valeria Portale e Davide Ghezzi - Osservatorio Blokchain & Distributed Ledger

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  • Autore

Direttore dell'Osservatorio Blockchain & Web3