L’innovazione è “paura”, “felicità” e “affetto”?

02 novembre 2020 / Di Filippo Renga / 0 Comments

In una intervista, rilasciata alla Italian Insurtech Association, mi è stato chiesto “Se l’innovazione fosse un’emozione, quale sarebbe?". Sceglierne solo una è impossibile, considerato il groviglio di emozioni e sensazioni che caratterizza e ho vissuto con ogni innovazione, per ogni processo innovativo.

 

Le tre dimensioni dell'Innovazione

L’innovazione è “paura, quando ci si accorge di aver intrapreso una strada rischiosa (più o meno coscientemente) o, ad un certo punto del percorso, si inizia a pensare di non potercela fare (ed accade spesso).

L’innovazione è “felicità”, nel momento in cui si raggiunge un bel risultato e si è riusciti a resistere alle varie difficoltà che per definizione implica l’innovazione (in America si dice “no pain no gain”, mia nonna austroungarica diceva “quel che non strozza ingrassa”).

Innovazione è “affetto”, perché spesso si rimane molto legati all’innovazione creata e sognata, ma anche perché ci si lega alle persone con cui l’hai portata avanti e con cui ha sognato.

 

Rischiare per Innovare

Credo sia importante soffermarsi sul primo punto in particolare, conditio sine qua non perché il processo innovativo venga avviato. Se gli step successivi e gli sviluppi del processo sono da considerarsi come conseguenze, a volte mi domando se il rischio possa essere considerato come la sostanza e il motore dell’innovazione. Una forma di virus che quando ti entra in corpo non ti lascia più.

Mi è stato poi chiesto: “Cosa significa essere innovativi? Ed innovatori?”. Essere innovativi e innovatori significa trasformare la paura di prendersi un rischio nel coraggio di affrontarlo, consci anche del beneficio che possiamo trarne, anche nel fallimento. Ecco perché sostengo che l’intero processo innovativo in Italia possa essere accelerato solo se vengono premiate quelle persone e quelle aziende che si prendono dei rischi, che scelgono di essere parte attiva del cambiamento.

Non è accaduto molto in questa direzione Italia nella fine del secolo. Il Paese si era seduto, per il notevole benessere guadagnato e per le politiche economiche poco rivolte al merito o all’impresa. Mi impressionava vedere 15 anni fa che quasi nessuno degli studenti che avevo in aula dichiarasse di avviare una nuova impresa (ed erano centinaia), a differenza di quanto mi era accaduto tra gli studenti in Svezia. Qualche segnale positivo ora però lo si riscontra: gli sgravi per gli investimenti in nuove imprese, le iniziative universitarie verso l’imprenditoria, molti più studenti avviano nuove iniziative, molte aziende consolidate hanno avviato il proprio innovation hub (anche se in modo goffo, in vari casi). Ma sono azioni che richiedono continuità perché possano portare i risultati di lungo periodo che auspichiamo.

 

L'Innovazione nelle Assicurazioni

Ci tengo a citare anche alcune bei commenti di chi mi ha affiancato nell’esaminare questo tema.

Andrea Veltri, Deputy CEO di BNP Paribas Cardif: “Credo che il valore più grande che porto sia quello di non venire da questo settore. Sebbene io lavori in questo settore da sei anni, continuo a vederlo con gli occhi del cliente, il che è veramente difficile in chi è nato come assicuratore. Guardarsi come un cliente credo sia il valore più grande che possiamo portare”.

Benedetto Gabriele, CEO di Telepass: “La mobilità e l’assicurazione sono piene di tanti attori che operano all’interno del mercato, ma ancora non si è visto quel fenomeno tipico delle challenger bank nel fintech e sono convinto che nei prossimi mesi ne vedremo delle belle”.

Enrico Vanin, CEO di AON: “Sicuramente c’è un tema di cultura, che deve essere migliorata, potenziata, abilitata fin dalle scuole e poi all’interno delle aziende attraverso i percorsi formativi”.

Sulla scia di questo ultimo commento, è utile esemplificare come in alcuni Paesi questo messaggio è già stato recepito in modo forte e chiaro e messo in atto: in Israele, ad esempio, è stato attivato l’insegnamento dell’Intelligenza Artificiale fin dai primi anni di scuola, a riprova del fatto che i Paesi tecnologicamente più innovativi fanno dell’innovazione un tema di cultura. Recentemente ho anche avuto l’occasione di presentare l’Open Finance - l’Open Innovation nel Finance - ad un evento dove era presente il presidente armeno, Armen Sarkissian, il quale ha reagito orgogliosamente definendo il proprio Paese una Startup Nation.

Per concludere, mi è stato anche chiesto “Quali sono i settori che cambieranno di più nei prossimi dieci anni?”. Una domanda corretta alla luce delle profonde innovazioni che dovremo affrontare (Blockchain, Big Data Analytics & Artificial Intelligence, Crowdworking, Sustainability, …), ma alla quale però mi sento di rispondere con un’altra: quale settore non dovrà innovarsi? Ovviamente nessuno.


Filippo Renga e Dana Bonaldi - Osservatorio Fintech & Insurtech

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  • Autore

Co-Fondatore degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano. È inoltre Direttore degli Osservatori Innovazione Digitale nel Turismo, Fintech & Insurtech e Smart Agrifood.