L’emergenza sanitaria ha profondamente trasformato quello che era il panorama tradizionale del lavoro in azienda: le norme di distanziamento sociale e le restrizioni agli spostamenti dei lavoratori hanno costretto le aziende, anche quelle più piccole, a rivedere tutti quei processi che prevedevano l’interazione sociale o la presenza fisica del dipendente sul luogo di lavoro. Così, nel corso del 2020, gli strumenti digitali in grado di supportare l’organizzazione del lavoro, consentendo la remotizzazione di alcune attività e l’accesso a dati e informazioni aziendali anche al di fuori della sede, sono diventati un alleato per le imprese, per portare avanti l’operatività aziendale.
Dalle elaborazioni dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI su dati provenienti dalla piattaforma Capterra emerge ad esempio come i servizi di videoconferenza siano stati la tipologia di software più ricercata durante il periodo di “lockdown rigido” da parte delle imprese. Mentre in seguito, con una ripresa delle attività lavorative considerate non-essenziali, è emerso un aumento del 100% della domanda di software per le pianificazioni dei turni.
Lavoro all’insegna della flessibilità
A fronte dell’emergenza, le PMI italiane si sono attivate al fine di consentire lo svolgimento di alcune attività “da remoto”. Le soluzioni digitali adottate hanno avuto quindi prevalentemente l’obiettivo di favorire la flessibilità di luogo. Secondo le stime congiunte dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI e dell’Osservatorio Smart Working, durante l’emergenza il 58% delle PMI ha previsto per i propri dipendenti il lavoro a distanza. Si tratta, pertanto, di un deciso aumento rispetto l’11% che ne prevedeva l’adozione prima dell’avvento. È emersa poi una discrepanza tra il grado di adozione di forme di lavoro da remoto e la percentuale di lavoratori che ne ha effettivamente beneficiato, dal momento che solo il 19% dei dipendenti delle PMI ne ha potuto usufruire: tale valore è dieci volte più alto di quello registrato prima dell’emergenza.
Ad un aumento della flessibilità in termini di luogo di lavoro non è, però, corrisposto un sostanziale aumento della flessibilità di orario. Difficoltà organizzative ed amministrative, congiuntamente a sistemi poco digitalizzati, non hanno facilitato e permesso di adottare su larga scala misure che permettessero ai dipendenti di adottare una gestione flessibile del proprio orario di lavoro. Per quanto riguarda la revisione degli spazi fisici, inoltre, le attività fatte sono state più una risposta agli obblighi normativi per garantire il distanziamento sociale che un tassello di una strategia di lavoro agile.
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L’adozione di soluzioni digitali
Per rispondere all’emergenza sanitaria e permettere ai lavoratori la possibilità di beneficiare di forme di lavoro flessibile, è stato necessario aumentare l’uso dei devices utilizzati per lo svolgimento delle mansioni. Le scelte delle aziende sono differenti e si è registrato un aumento delle PMI che hanno dotato di PC portatili i propri dipendenti (+12%) e delle PMI che, invece, hanno fatto in modo che i lavoratori usassero propri device per lo svolgimento delle loro funzioni (+14%).
L’area in cui sono state adottate maggiormente soluzioni digitali è stata quella relativa all’ambito della collaboration. Si è registrato un aumento considerevole nell’uso di strumenti di web conference e chat per la collaborazione da remoto, già adottati dal 52% delle PMI prima del 2020. E’ aumentata anche la percentuale (75%) di PMI che utilizzano sistemi per lo scambio di file digitali, anche se l’adozione di software avanzati per la gestione documentale è ancora poco diffusa. Tra le soluzioni per l’archiviazione di dati, il 42% di PMI utilizza servizi di Public Cloud, con un ulteriore 28% che prevede di adottarle nel 2021.
La necessità di comunicare, trasferire e immagazzinare dati e documenti con procedure informatizzate è stata accompagnata da un aumento della propensione delle PMI ad adottare soluzioni di sicurezza informatica (dall’80% del 2019 all’85% del 2020), segno di una maggiore attenzione verso la tutela dei dati aziendali.
Una transizione incompleta
La pandemia è stata per molte aziende un campanello di allarme, che ha imposto la necessità di monitorare e rivedere i processi aziendali, al fine di poter intervenire in modo efficace per migliorarli e renderli più agevoli.
Abbiamo assistito nel corso del 2020 ad un aumento, anche importante, nell’adozione di alcune soluzioni digitali, e in generale ad una presa di consapevolezza da parte delle PMI dell’importanza revisionare i processi aziendali alla luce del digitale.
A fianco a questi segnali positivi però, il 2020 ha fatto emergere in maniera ancora più decisa alcune lacune che rappresentano da tempo forti ostacoli alla digitalizzazione delle PMI. Le soluzioni per aumentare la flessibilità lavorativa hanno trovato da un lato serie barriere nelle infrastrutture aziendali esistenti, spesso obsolete e non in grado di supportare le nuove piattaforme, e dall’altro una resistenza culturale da parte di alcune fette di lavoratori, che ha impedito di beneficiare al meglio degli strumenti introdotti.
Nella maggior parte dei casi, le attività portate avanti nel 2020 hanno consentito di rispondere a esigenze puntuali e non a ridisegnare le strategie di lungo periodo: affinché questo secondo step possa essere compiuto, non basta introdurre nuove soluzioni o tecnologie, ma è necessario un cambiamento culturale lungo tutta l’organizzazione, dai lavoratori fino ai vertici aziendali. Un cambiamento che purtroppo richiede ben più di qualche mese.
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Gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano sono un punto di riferimento qualificato sull’Innovazione Digitale in Italia.
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