Quanto le Big Tech si sostituiranno alle autorità nazionali?

10 luglio 2019 / Di Filippo Renga / 0 Comments

La notizia di Facebook che lancia la propria moneta, Libra, fa tornare alla ribalta il ruolo che hanno, e potranno avere, le grandi aziende web nel sostituire le istituzioni nazionali. La domanda che mi sono posto è: “Facebook si sostituisce alle Banche Centrali?” (come ho titolato qui “Facebook’s plans to substitute central banks”), e si ricollega a questo dubbio più generale che mi pongo da tempo: “Quanto questi Giganti di Internet si sostituiscono e si sostituiranno ai singoli stati e agli organismi sovranazionali?”.

 

Le "società virtuali" del web

Internet per definizione non ha confini nazionali. E chi opera sfruttando Internet tende a non considerare i confini nazionali come proprio campo di gioco. Il web consente infatti di trasferire informazioni senza che si possa intervenire in modo sostanziale a livello nazionale, se non con organismi sovranazionali particolarmente forti, come abbiamo visto con i tentativi UE sul copyright e quelli della Cina sui social network (entrambi con notevoli polemiche). Gli Stati Uniti, essendo il Paese dove sono nati questi attori, è ovvio che abbiano meno interesse a limitarli. Ed ora la Blockchain amplia i confini di Internet alle transazioni (tanto che la chiamiamo “Intenet of Value”), come ha ben dimostrato il bitcoin e per l’appunto sta cercando di dimostrare Facebook.

Quelle che gestiscono questi giganti del web sono vere e proprie “società virtuali” interconnesse costituite da miliardi di persone. Ecco alcuni dati provenienti da fonti ufficiali aziendali: Facebook ha 2,38 miliardi di utenti del social network, Apple ha 1,4 miliardi di utenti di iPhone e iPad, Google già nel 2016 aveva 7 servizi che superavano il miliardo di utenti (Android, Chrome, Maps, Search, Youtube, Gmail, Google Play Store), Amazon, Alibaba, Alipay, Tencent hanno centinaia di milioni di utenti, Paypal ha 277 milioni di account attivi, ecc..

Inoltre, la liquidità che hanno a disposizione una manciata di queste aziende supera il PIL di molti paesi Europei (“Five US tech giants had amassed $504billion of cash”). A tutto questo si associa il fatto che la capacità di verificare l’identità di una persona attraverso un account di queste aziende è, a volte, più forte di quella di un singolo paese, tanto che per molti servizi i loro sistemi di autenticazione sono uno standard o per alcune indagini ci si è dovuti affidare ai loro sistemi.

 

Lo strapotere delle Big Tech tra forza del brand e mancanza di regolamentazione

È inoltre importante ricordare che spesso questi attori operano in settori dove la regolamentazione non arriva ancora ed allora impongono o hanno imposto le proprie regole, che poi faticosamente i regolatori ufficiali hanno “aggiustato” (è successo ad esempio per i pagamenti, per la privacy dei social network e anche per gli affitti). La cryptomoneta di Facebook ad esempio crea nuove regole nell’emissione di moneta.

Infine, in alcuni paesi il brand di un gigante del web è più forte di molte delle istituzioni locali? In quante occasioni un cittadino si fiderebbe di più di quanto proposto o comunicato da un gigante del web come Apple rispetto a quanto gli viene comunicato da una propria istituzione locale? Un test personale mi ha fatto riflettere molto: ho chiesto a mia moglie se si fiderebbe di più di Apple, dello Stato Italiano o delle Banche per gestire i suoi risparmi o la sua identità; e non ha avuto dubbi nell’indicare la prima. Non hanno perciò un esercito e dei tribunali, ovviamente o per fortuna, ma possono contare sulla moral suasion generata dai propri servizi e dalla propria reputation.

E molto altro potrebbe venire, si pensi solo agli impatti degli algoritmi di intelligenza artificiale.

Per i regolatori nazionali, dunque, è arrivato il tempo di muoversi con la giusta forza e i giusti mezzi. Ad oggi solo quelli Cinesi sembrano avere la forza necessaria, mentre i paesi Europei devono ringraziare soprattutto l’Unione Europea, perché singolarmente rischiano di essere ininfluenti.

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  • Autore

Co-Fondatore degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano. È inoltre Direttore degli Osservatori Innovazione Digitale nel Turismo, Fintech & Insurtech e Smart Agrifood.