Per innovare servono strumenti, idee e competenze. Tuttavia, non sempre le imprese possiedono tutte queste risorse. Adottare il paradigma dell’Open Innovation riduce i principali rischi di produrre innovazione in casa (costi elevati, tempi di attesa prima dell’immissione sul mercato) e offre la possibilità di accedere a tecnologie e competenze esterne. Ma quanto sono realmente diffusi i modelli di Innovazione Aperta in Italia? È ciò di cui parleremo in questo articolo, nel quale esamineremo anche i principali ostacoli alla sua adozione e presenteremo alcuni esempi di iniziative di Open Innovation.
L'Open Innovation nelle imprese italiane
Oggi il digitale pervade ogni settore e ogni attività di business. L’innovazione è dunque una necessità per essere competitivi sul mercato.
Secondo la Ricerca dell’Osservatorio Startup Thinking del Politecnico di Milano l’86% delle grandi imprese italiane ha già adottato approcci di Open Innovation, con modalità e livelli di consapevolezza diversi. Grazie a questo modello di innovazione, che permette di attingere a strumenti e competenze esterne, possono creare più valore ed essere più competitive sul mercato.
Le opportunità dell'Open Innovation per le grandi imprese italiane
Sempre più le grandi imprese italiane riconoscono il valore dell’Innovazione Aperta. Non è un caso la maggior parte di queste dichiari di adottarla per la gestione dell’Innovazione Digitale.
Sono soprattutto le Grandissime imprese (con oltre 1000 dipendenti) a seguire questo approccio, adottandolo nel 93% dei casi. Essendo più consolidate, infatti, hanno un bisogno maggiore di innovazione per poter essere competitive sul mercato. Solitamente collaborano con le startup, ma possono anche avviare collaborazioni con Università, Centri di Ricerca, Società di Consulenze, ecc. In generale, però, le startup più di tutti riescono a ridurre i tempi di sperimentazione e per fare modifiche al prodotto/servizio, grazie alla loro natura più agile e lean.
Per avviare collaborazioni con queste realtà, le imprese ricorrono a pratiche di scouting di startup, organizzano concorsi come Call4Startup e Contest, realizzano incubatori e acceleratori aziendali e avviano investimenti tramite Corporate Venture Capital (fondi aziendali aventi l’obiettivo di rilevare quote di capitali di una startup). Tutte queste iniziative rientrano nell’Inbound Open Innovation, volto a incorporare nell’azienda stimoli di innovazione provenienti dall’esterno. Sempre secondo la Ricerca dell’Osservatorio, questo sistema è adottato dalla quasi totalità delle imprese analizzate.
Meno frequente (e più rischioso) è l’adozione dell’approccio dell’Outbound Open Innovation, che mira invece a valorizzare all’esterno l’Innovazione Digitale nata all’interno dell’azienda. Spiccano in questo contesto l’adozione di un modello di business a piattaforma e il Corporate Venture Builder. Quest’ultimo consiste in iniziative volte a favorire la creazione e lo sviluppo di nuove imprese (Venture) a partire dai contesti aziendali, sfruttandone le competenze e il know-how.
I limiti all'adozione dell'Open Innovation
Nonostante i tassi d’adozione positivi, molte imprese seguono questo modello di innovazione solo in modo estemporaneo, a dimostrazione che molte delle iniziative sono intraprese senza una reale convinzione e senza un approccio sistematico che renda questo strumento una leva per la crescita dell’impresa.
Si individuano anche imprese che non sono interessate a questo approccio, o che vi hanno rinunciato dopo una prima fase di adozione. Questo disinteresse potrebbe provocare la perdita di numerose opportunità, ma è bene tenere in mente che l’Open Innovation non è un modello universale e alcune imprese potrebbero riscontrare difficoltà come:
- complessità gestionale e organizzativa;
- aumento dei costi;
- mancanza di competenze adeguate;
- scarsa percezione dei benefici;
- rischi legati alla proprietà intellettuale.
Alcuni esempi di Open Innovation in Italia
Il caso BPER Banca
Tra le imprese che hanno già dato il via all’Innovazione Aperta c’è BPER Banca, che pone l’innovazione fra le priorità e ambisce ad un’evoluzione del modello di business. A tal fine si concentra su due elementi: un approccio Open Innovation e la collaborazione con le startup.
Grazie alla collaborazione con la startup nordeuropea Meniga è nato “My Money”, un sistema di Personal Financial Management disponibile in versione mobile e desktop per aiutare i clienti nella gestione delle finanze personali. In questo modo, BPER ha ampliato la sua offerta con una nuova opportunità ampiamente gradita dai clienti. Un altro esempio è la partnership con la startup HomePal, che offre un servizio di compravendita e locazione di abitazioni, dalla quale sono nati un portale dedicato ai clienti BPER e attività di Marketing condivise.
L’Open Innovation di TIM
L’innovazione è, da diversi anni, uno degli obiettivi principali di TIM, tanto da aver portato alla creazione di TIM WCAP, una serie di hub di Open Innovation dedicati all’accelerazione della Trasformazione Digitale in Italia. L’attività al centro di questo progetto è la selezione di nuove idee, progetti, prodotti e servizi grazie alla collaborazione con startup e PMI, al fine di integrare le soluzioni migliori nella tecnologia e nei servizi TIM.
È significativo il caso della collaborazione con la startup Swascan, ideatrice di una piattaforma di servizi di IT Security in Cloud per la verifica dell’affidabilità di siti e applicazioni web e per il controllo di sicurezza e qualità del codice sorgente degli applicativi. La relazione, nata in seguito a una Call for Partners, ha portato benefici ad entrambi gli attori. Da un lato, la startup è stata inserita in un percorso di co-design con TIM, riuscendo ad ampliare la propria offerta. Dall’altro, TIM ha potuto acquisire rapidamente una soluzione innovativa.
Il futuro dell’Innovazione Aperta in Italia è incerto, soprattutto per le medie imprese
Chiudiamo con una considerazione, non proprio ottimistica. Se è vero che l’Innovazione Aperta garantisce numerosi benefici, come l’accesso a nuove tecnologie prima dei competitor e l’aumento delle competenze interne, è anche vero che le difficoltà non sono poche.
Lo scenario dell'Open Innovation nel nostro Paese si può descrivere come un bicchiere ancora da riempire. Lo sforzo necessario per compiere questo passo dipende da fattori come la cultura aziendale, le dimensioni dell’impresa, l’impegno economico e l’impatto tollerabile sulla struttura organizzativa. In tal senso bisogna considerare l’impatto su tutta l’azienda, dato che l’Open Innovation pervade gli equilibri dell’intera organizzazione.
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Direttore degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy
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