La pandemia ha colto di sorpresa le PMI e la ha obbligate, in un’ottica di necessità e sopravvivenza, a investire in tecnologie digitali che potessero garantire l’operatività aziendale e contrastare la forte contrazione dei fatturati.
Il Covid-19 e la digitalizzazione forzata delle PMI
L’emergenza sanitaria ha avuto due macro impatti sulle aziende. Da un lato, la chiusura degli store fisici ha costretto le PMI a ripensare il loro modello di vendita: l’online, come canale di vendita, è quindi divenuto spesso una scelta obbligata per rimanere sul mercato. Ciò ha comportato un aumento significativo delle PMI attive sui canali eCommerce (+50%).
Dall’altro lato, la riduzione della mobilità e le norme di distanziamento sociale hanno favorito una crescita non indifferente nell’adozione e nell’utilizzo di soluzioni digitali che potessero facilitare lo svolgimento del lavoro da remoto.
Dalle analisi condotte dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI risulta che9 PMI su 10 gestiscono in maniera elettronica almeno una parte dei propri documenti aziendali e che 7 PMI su 10 si servono di servizi Cloud; questo dato, per quanto significativo, va letto con attenzione: nella maggior parte dei casi si tratta di soluzioni basiche che non sono state accompagnate da investimenti infrastrutturali.
Nel complesso si può notare chele aziende di servizio risultano avere mediamente un tasso di digitalizzazione superiore alle aziende della manifattura, per le quali la preponderante componente fisica rende più complesso il processo di digitalizzazione delle attività, soprattutto se questo, indotto da necessità urgenti, avviene entro un orizzonte temporale limitato senza una visione strategica di lungo periodo.
PMI B2b in Italia: il ruolo trainante dell'online
A livello Paese, se si mettono a confronto il Nord e il Sud nell’adozione di tecnologie di base,non emerge un differenziale significativo nel grado didigital transformation, anche se, riguardo a singoli processi, ad esempio la raccolta di dati nelle fabbriche, il Nord risulta essere più digitalizzato. Nel complesso, però, quello che si osserva è uno scenario tendenzialmente omogeneo. Il digital divide emerge, invece, quando si parla di tecnologie di frontiera: il 48,5% delle PMI del Nord-Ovest ha sviluppato progetti di Big Data rispetto al 4,6% delle PMI del Mezzogiorno. Questi dati sono riconducibili a un divario di competenze e cultura che affligge maggiormente le imprese del Sud Italia.
Il ruolo dell’eCommerce è stato trainante anche per le imprese B2b, e non solo per quelle B2c. Il digitale ha permesso loro di mantenere la propria posizione sul mercato e di mantenere una continuità operativa anche in un contesto economico di forte crisi. Il mercato dell’eCommerce B2b nel 2020 è valso 406 miliardi di euro, e, benché abbia fatto registrare una contrazione rispetto al 2019 (-1%), ha segnato una performance migliore rispetto al mercato totale (-6%). Gli investimenti delle PMI B2b si concentrano in particolare sulle tecnologie EDI che permettano lo scambio di documenti nel ciclo d’ordine e sulla presenza su piattaforme B2b di terze parti, con il duplice obiettivo di vendita diretta e posizionamento in ottica ROPO (Research online, purchase offline).
Una sfida impossibile senza competenze e cultura
L’Italia, nel contesto dell’Unione Europea, sconta un pesante ritardo riguardo alla diffusione delle competenze digitali e ICT nella forza lavoro attiva. Molto preoccupante è, soprattutto, il gap nelle competenze di base: solo il 69% dei lavoratori italiani ha competenze “information” di base - quali copia/incolla file, salvataggio file in cloud e ricerca di informazioni online - contro l’88% della media UE28.
Si può quindi comprendere come ciò abbia un effetto a catena sui settori industriali e, in modo particolare, sulle piccole medie imprese. Solo il 24% delle PMI ha nel proprio organico delle figure dedicate all’ICT, un dato molto basso se paragonato alla media UE (39%).
Da un lato, questo gap si spiega con la scarsa domanda di competenze legate al digitale da parte delle PMI rispetto sia alle grandi aziende sia alle controparti europee.
A ciò si aggiunge poi il fatto che, anche qualora vi sia un interesse per l’assunzione di figure digitali e ICT, le PMI fanno fatica a risultare attrattive e competitive sul mercato del lavoro.
Il PNRR offre un’occasione unica per ripartire e per poter investire non solo sulle tecnologie, ma anche sulle persone. La domanda che ci si pone è: il PNRR sarà sufficiente?
Da un lato, sia tramite gli investimenti in processi di base abilitanti- come il potenziamento della banda larga, la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e un miglioramento delle condizioni di accesso al credito - sia attraverso le risorse dedicate alla digitalizzazione dei processi anche al di fuori del perimetro dell’industria manifatturiera, il PNRR si propone di rappresentare un booster per le imprese italiane, e, in particolare, per le PMI. Dall’altro canto, tuttavia, è fondamentale che esso induca il mutamento delle condizioni attraverso cui le politiche pubbliche si rivolgono agli imprenditori: servono procedure più semplici, agili e con tempistiche rapide e certe e sono necessari piani pluriennali a sostegno delle imprese, per diminuire l’incertezza derivante dalla forte instabilità politica del nostro Paese.
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Gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano sono un punto di riferimento qualificato sull’Innovazione Digitale in Italia.
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