Settimana lavorativa di 4 giorni: benefici e possibili criticità

27 febbraio 2023 / Di Fiorella Crespi / 0 Comments

Negli scorsi giorni si è parlato molto dei risultati emersi da una sperimentazione riguardante la settimana lavorativa di 4 giorni, o settimana corta, all’interno del progetto 4 Day Week attuato nel Regno Unito. Tale iniziativa ha coinvolto 61 aziende, con un totale di 2900 dipendenti che da giugno a dicembre 2022 hanno lavorato 34 ore alla settimana distribuite su 4 giorni lavorativi. Il progetto è stato coordinato dal centro studi Autonomy e ha coinvolto diverse università, tra cui quelle di Cambridge e di Salford nel Regno Unito. Al termine dei sei mesi questi enti hanno rilevato un netto miglioramento del benessere dei dipendenti senza, però, un calo in termini di fatturato delle aziende, anzi: oltre a livelli inferiori di stress e burnout, che risultano diminuiti rispettivamente del 39% e del 71%, i permessi di astensione dal lavoro sono calati del 65% e le dimissioni volontarie del 57%. Infine, 56 aziende su 61, ossia il 92% del totale, hanno confermato di voler proseguire con questa nuova modalità di lavoro.

Il progetto inglese 4 Day Week, in realtà, si colloca all’interno di numerose altre iniziative di successo avvenuti negli scorsi anni, come quello realizzato dalla società Perpentual Guardian in Nuova Zelanda, oppure da Microsoft in Giappone. Altri progetti, come quelle avvenuti in Belgio, hanno previsto per chi ne facesse richiesta la distribuzione delle ore lavorative settimanali all’interno di quattro giorni.

Anche in Italia lo scorso anno i sindacati hanno aperto il dibattito sulla settimana lavorativa di 4 giorni, con la proposta di ridurre di 1/5 l’orario di lavoro. Sebbene nel nostro Paese non sia presente una normativa riguardante la settimana corta ci sono stati diversi casi, come quello di Team System e Velvet Media, Mondelez International e PA Advice, Awin Italia e Carter&Benson che, seppur in diverse modalità, hanno ridotto autonomamente il monte ore settimanale con effetti positivi sia per dipendenti che per le aziende. Di recente anche Intesa Sanpaolo ha inserito la flessibilità oraria nell’accordo aziendale, offrendo la possibilità di ridistribuire le ore settimanali complessive in 4 giorni lavorativi.

I benefici e i rischi della settimana lavorativa di 4 giorni

Tutte queste iniziative si inseriscono in un contesto più ampio, che consiste in un vero e proprio cambiamento culturale in cui la flessibilità e l’autonomia del proprio lavoro costituiscono fattore di miglioramento non solo per il benessere dei collaboratori, ma anche per le stesse organizzazioni. Tra le iniziative orientate al raggiungimento degli obiettivi, piuttosto che alle ore lavorato, troviamo lo Smart Working, che ben si differenzia dal semplice Telelavoro. Secondo gli ultimi dati di Ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il lavoro agile porta a un incremento di produttività del 15%-20% per persona, oltre a un maggiore livello di engagement rispetto a chi lavora stabilmente presso la sede di lavoro e a chi, pur potendo lavorare da casa, non ha altre forme di flessibilità. Proprio come lo Smart Working, anche la settimana lavorativa di 4 giorni, o settimana corta, si colloca all’interno di un processo di trasformazione che vede protagonisti sia le organizzazioni che i propri collaboratori.

La settimana corta, agendo su una dimensione di flessibilità diversa rispetto al luogo, ha tra i benefici la possibilità di poter coinvolgere una platea più ampia di lavoratori, tra cui coloro che, in base alla tipologia di attività, sono esclusi dal lavoro da remoto. A questo si aggiunge l’impatto positivo sul benessere dei dipendenti, come rilevato anche dai primi esiti del progetto 4 Day Week, e la diminuzione dei costi delle spese generali legate agli edifici produttivi.

Sebbene ora si parli solo di sperimentazioni o di iniziative riguardanti poche realtà, se il fenomeno si diffondesse avrebbe sicuramente degli impatti interessanti sulle città e i loro tempi: nel caso in cui una parte significativa di lavoratori usufruisse del modello della settimana corta ne conseguirebbe un effetto sulla mobilità urbana e richiederebbe, per esempio, un aggiornamento degli orari e della frequenza dei mezzi pubblici. Altrettanto interessanti sarebbero le possibili implicazioni nel settore del turismo: un lavoro concentrato solo nelle giornate centrali della settimana potrebbe favorire il turismo nei weekend o nei giorni non lavorativi.

Tuttavia, non bisogna tralasciare alcune possibili criticità nell’implementare tale modello. Attuare una settimana lavorativa di 4 giorni significa, prima di tutto, concentrare un numero maggiore di attività in meno giorni, favorendo il rischio di un innalzamento dei livelli di stress. Da considerare, inoltre, gli impatti sui processi operativi e sulla necessità di coordinamento tra chi lavora su 4 e su 5 giorni, sia all'interno che all'esterno dell’organizzazione.

In conclusione

Lavorare 4 giorni alla settimana potrebbe, quindi, portare a impatti interessanti e potenzialmente positivi, ma allo stesso tempo ogni organizzazione dovrebbe prima analizzare le criticità e i rischi correlati, al fine di capire la migliore formula da adottare per poi partire con la sperimentazione. Sicuramente lavorare sulla flessibilità oraria oltre che su quella di luogo è una evoluzione auspicata del nostro modo di lavorare.

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  • Autore

Research Director HR Innovation Practice and Smart Working