La corsa (ad ostacoli) per la liquidità delle imprese italiane

14 settembre 2020 / Di Agostino Bonzani / 0 Comments

Sin dallo scoppio dell’emergenza legata al Covid-19, è stato evidente che uno dei principali problemi per le imprese avrebbe riguardato la gestione della liquidità nei mesi a venire, e che il governo avrebbe dovuto intervenire in maniera diretta per aiutare a superare la crisi.

 

Decreto Liquidità: l'impatto di "Garanzia Italia"

In questo breve articolo abbiamo voluto analizzare in maniera critica una specifica misura governativa, che potrebbe avere delle importanti implicazioni anche a livello di filiera: la cosiddetta “Garanzia Italia”.

Introdotta con il Decreto Legge n° 23 dell’8 aprile 2020, “Garanzia Italia” prevede lo stanziamento di un plafond di 200 miliardi di euro, predisposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze tramite SACE, come garanzia statale su alcune tipologie di finanziamenti, erogati entro la fine dell’anno alle imprese italiane. L’obiettivo dichiarato è quello di favorire la ripartenza degli investimenti e facilitare la ripresa del credito bancario.

Al 7 di settembre, e dunque quasi cinque mesi dopo il lancio dello strumento, di quei 200 miliardi stanziati, ne sono stati erogati soltanto 12,7 miliardi, vale a dire il 6,35% del totale, di cui oltre la metà relativo a tre singole operazioni: FCA, Fincantieri e Oviesse.

Un risultato ampiamente sotto le aspettative, che probabilmente porterà a una proroga della scadenza di fine anno. Ma quali possono essere le ragioni di un risultato così insoddisfacente? È questa la domanda che bisogna porsi, perché sembra abbastanza chiaro che una proroga della scadenza non porterà benefici tangibili, qualora non si risolvano alcuni problemi sostanziali che devono trovare un’opportuna soluzione.

 

3 problemi nella liquidità delle imprese

1) Valutazione del merito creditizio

Il primo problema è legato al processo della richiesta della garanzia. Infatti, questa viene effettuata dal finanziatore solo dopo avere valutato positivamente la richiesta dell’impresa. Essendo la valutazione del merito di credito ancora sostanzialmente basata su bilanci ante-covid, le banche si ritrovano ad affrontare un’incertezza troppo elevata per erogare nuovi finanziamenti a soggetti che non siano a bassissimo rischio, a prescindere dalla garanzia. Il problema, quindi, non è la presenza della garanzia ma il fatto che i finanziatori non concedono a priori prestiti alla maggior parte delle imprese che ne hanno effettivamente bisogno. E come spesso accade sono soprattutto le imprese più piccole a non poter beneficiare di tale opportunità.

Tale criticità è risolvibile solo tramite una revisione drastica della valutazione del merito di credito delle imprese, svincolandola dalle modalità tradizionali e inserendo dati prospettici che facciano meno affidamento su quelli storici. Un’alternativa più percorribile nel breve termine potrebbe essere quella di coinvolgere direttamente SACE nel primo screening dei finanziamenti in un’ottica di condivisione del rischio.

2) I tempi di esecuzione

Il secondo problema è legato alle tempistiche del processo. Nonostante effettuare la richiesta della garanzia sia un processo totalmente digitale, e l’approvazione della garanzia venga comunicata in circa 48 ore, i tempi massimi indicati da SACE ai finanziatori per erogare il prestito sono di 30-45 giorni dal momento dell’approvazione. Tempi in questo momento non sostenibili per le imprese. Tale dichiarazione, in sostanza, inibisce a priori le imprese a fare tale richiesta.

In questo caso, emerge quindi la necessità di una riduzione dei tempi di esecuzione, che potrebbe essere raggiunta da un lato includendo tra i finanziatori alcuni operatori fintech, specialmente quelli che offrono soluzioni di finanziamento del capitale circolante, che fanno della velocità di erogazione del servizio il proprio cavallo di battaglia, e dall’altro imponendo delle tempistiche più ferree ai finanziatori tradizionali.

3) L'approccio delle imprese

Infine, il terzo problema è dovuto all’approccio cautelativo delle imprese italiane. Data la non possibilità (o la non volontà) di indebitarsi ulteriormente, considerando che comunque anche la garanzia statale ha un costo per il beneficiario, gran parte delle imprese sta cercando di preservare la propria liquidità a fronte del calo del fatturato, principalmente estendendo (o ritardando) i tempi di pagamento verso i fornitori.

Questo aspetto rappresenta, forse, il più difficile di tutti, perché richiede in prima istanza di creare la consapevolezza degli impatti nefasti sulla filiera di imporre politiche o abitudini di pagamento vessatorie. A questo si può aggiungere anche la speranza che le operazioni di Supply Chain Finance, che possono supportare le imprese nell’ottimizzazione dei flussi di cassa, vengano considerate in maniera più inclusiva dal Governo come già ampiamente richiesto da Assifact nei mesi scorsi.

Vuoi capire come scegliere e gestire gli strumenti di Supply Chain Finance per la tua impresa?

Scopri il Programma

  • Autore

Ricercatore dell’Osservatorio Supply Chain Finance