Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D): cos’è e cosa prevede

Aggiornato il / Di Elisa Medina

Il tema della sostenibilità sta diventando sempre più centrale per le imprese, e negli ultimi anni la Commissione Europea ha sempre più incentivato l’adozione di buone pratiche, anche con alcune direttive mirate alla regolamentazione di diversi aspetti critici sul piano ambientale, sociale ed economico. Due di queste sono la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD, (EU) 2022/2464, 2022) e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D, Directive (EU) 2024/1760). La CSRD, già ben nota a molte organizzazioni, stabilisce criteri dettagliati per la rendicontazione delle attività sostenibili. La più recente CS3D, introduce invece nuove sfide, focalizzandosi sulla responsabilità aziendale in merito agli impatti generati lungo l’intera supply chain.

In questo articolo, vengono approfondite le principali caratteristiche di quest’ultima e quello che richiede alle imprese, nello specifico per la gestione dei fornitori, con il supporto delle analisi dell’Osservatorio Supply Chain Finance della POLIMI School of Management.

Cos’è la CS3D

Entrata in vigore ufficialmente nel luglio 2024, dopo un lungo processo legislativo, la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D) può rappresentare una svolta nella gestione sostenibile delle filiere. Gli Stati membri dell'Unione Europea hanno tempo fino a luglio 2026 per recepirla nelle proprie legislazioni nazionali, ma il suo impatto è già evidente, generando la necessità per le imprese di adeguare le proprie pratiche di sostenibilità.

La direttiva impone alle imprese di assumersi responsabilità estese lungo tutta la filiera, includendo non solo le proprie operazioni dirette ma anche quelle dei propri partner commerciali, tra cui fornitori e clienti. Al centro della CS3D c’è la regolamentazione dei processi di due diligence. La due diligence, secondo le linee guida dell’OECD (Organization for Economic Co-operation and Development), riguarda i processi attraverso i quali le imprese possono identificare, prevenire, mitigare e rendere conto di come affrontano i loro impatti negativi effettivi e potenziali, generati dalle attività aziendali su ambiente e diritti umani.

Il 26 febbraio 2025 la Commissione Europea ha annunciato il cosiddetto “pacchetto Omnibus”, volto ad armonizzare e semplificare le direttive in materia di sostenibilità. Questo potrebbe portare ad alcune modifiche rispetto alle tempistiche di adozione della direttiva CS3D e alla sua estensione lungo la filiera. Rimane però valido il contenuto della direttiva, approfondito in questo articolo.

Cosa prevede la Direttiva Corporate Sustainability Due Diligence Directive

Un’azione preliminare richiesta alle imprese è quella di integrare le pratiche di due diligence nei sistemi di gestione del rischio e nelle politiche aziendali.

Uno degli aspetti più innovativi della direttiva, riguarda poi l’estensione della responsabilità aziendale anche alle attività dei partner commerciali con cui si collabora lungo tutta la filiera, inclusi, quindi, clienti e fornitori.

L’adozione della CS3D, e delle pratiche da essa richieste alle imprese, partono quindi da una mappatura della filiera per identificare gli impatti negativi, anche potenziali, sui diritti umani e sull’ambiente legati alle loro attività.

Una volta mappati gli impatti negativi, le aziende sono tenute a definire un ordine di priorità secondo la logica di una corretta gestione del rischio, a seconda, quindi, della probabilità che un impatto negativo si verifichi e della gravità dei suoi effetti. L’obiettivo finale è quello di individuare e implementare interventi volti a prevenire, o mitigare, gli impatti negativi effettivi o potenziali. Per riuscirci dovranno chiedere ai partner commerciali di aderire a un codice di condotta specifico e a piani di azione dedicati, e garantire che quest’impegno si estenda lungo l’intera filiera. Nel caso in cui tra i fornitori ci siano delle PMI (Piccole e Medie Imprese) la Direttiva prevede che, se necessario, le aziende debbano supportarle con misure ad hoc, finanziarie e no, al fine di permettergli di adeguarsi alla direttiva. Nel caso in cui questo non sia possibile, la CS3D prevede anche la possibilità di interrompere rapporti commerciali con fornitori che non rispettino gli standard richiesti.

Infine, la direttiva richiede un monitoraggio costante dell’efficacia delle pratiche adottate e la trasparenza sui progressi ottenuti, tramite report pubblici.

A chi è rivolta la CS3D

La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D) si rivolge a un'ampia gamma di aziende, europee e non, imponendo obblighi progressivi in base alle dimensioni e al fatturato.

Le prime a dover recepire la direttiva, a partire da luglio 2027 saranno le aziende europee con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato netto superiore a 1.500 milioni di euro, e le aziende non europee con europee con un fatturato netto superiore a 1.500 milioni di euro generato all'interno dell'Unione Europea.

Questo quadro iniziale è solo il primo passo di un piano di implementazione che si estenderà gradualmente. Entro il 2029, le disposizioni della direttiva copriranno infatti tutte le imprese con almeno 1.000 dipendenti e un fatturato netto annuo superiore a 450 milioni di euro a livello globale, inclusi i soggetti non europei che raggiungono questa soglia di fatturato esclusivamente nel territorio dell'Unione.

Attraverso questa progressiva estensione, la direttiva intende garantire che le aziende di grandi dimensioni, responsabili di impatti significativi lungo le catene del valore, siano le prime ad adottare le nuove regole, per poi includere un numero sempre maggiore di organizzazioni.

Cosa devono fare le aziende per adeguarsi alla Direttiva CS3D

Per adeguarsi alla CS3D, le imprese possono intraprendere una serie di azioni preliminari su diversi fronti, che possiamo suddividere in tre macrogruppi:

  • valutazione delle competenze e degli strumenti interni
  • definizione degli stakeholder da coinvolgere
  • definizione delle pratiche di sostenibilità di filiera da adottare

Ognuno di questi richiede degli interventi specifici che vanno portati avanti dalle aziende affinché gli obiettivi della direttiva possano essere perseguiti e raggiunti. Ecco quali.

Valutazione delle competenze e degli strumenti interni

Il percorso verso la conformità alla CS3D inizia con un’analisi approfondita dello stato attuale dell’azienda. È essenziale verificare se le competenze interne, i modelli di rendicontazione, la governance e i processi di gestione dei rischi siano allineati ai requisiti della direttiva. Inoltre, le pratiche di due diligence già in essere devono essere esaminate e, se necessario, adattate per soddisfare le richieste della direttiva, insieme a un aggiornamento del codice di condotta aziendale per garantire la piena conformità alla direttiva.

Dal punto di vista operativo, un elemento chiave è l’assegnazione di responsabilità specifiche per la due diligence. Questo può richiedere la creazione di team interfunzionali dedicati, capaci di coordinare e implementare le misure necessarie. Parallelamente, anche la formazione dovrà giocare un ruolo determinante: non solo i dipendenti direttamente coinvolti devono essere preparati a gestire i nuovi obblighi, ma l’intero personale deve essere sensibilizzato per favorire una cultura aziendale orientata alla sostenibilità e alla gestione responsabile.

Definizioni degli stakeholder da coinvolgere

Un passaggio fondamentale nell’attuazione della CS3D consiste nell’identificare gli stakeholder esterni rilevanti e nel definire strategie di collaborazione mirate con fornitori e clienti. Questo richiede una revisione approfondita dei contratti con i partner commerciali per allinearli ai requisiti della direttiva, insieme all’attivazione di misure di supporto specifiche per le PMI fornitrici, facilitandone l’adeguamento alle nuove regole. Inoltre, la mappatura dettagliata della filiera e l’analisi degli impatti, sia effettivi che potenziali, devono consentire di individuare le aree prioritarie su cui concentrare gli interventi e di sviluppare un piano operativo chiaro per la loro implementazione.

Le imprese devono essere in grado di identificare i fornitori critici, ossia quelli più esposti al rischio di generare impatti negativi significativi. Per farlo, è necessario sviluppare criteri di valutazione della criticità dei fornitori che considerino due aspetti principali: da un lato, le caratteristiche specifiche del fornitore, come il suo peso strategico o economico-finanziario; dall’altro, l’impatto ambientale e sociale legato alla categoria merceologica di riferimento. Questi criteri permettono di stabilire un approccio strutturato alla gestione del rischio e di garantire che le risorse siano indirizzate verso le aree di maggiore rilevanza.

Definizione delle pratiche di sostenibilità di filiera da adottare

L’ultimo elemento chiave di questo percorso riguarda la definizione delle pratiche di sostenibilità di filiera da adottare per gestire i fornitori che hanno diversi livelli criticità. Tra queste figurano la valutazione delle performance di sostenibilità tramite strumenti come ESG rating e assessment, audit in loco o digitali e iniziative mirate di sviluppo e collaborazione per migliorare gli standard di sostenibilità.

  • Autore

Ricercatrice dell'Osservatorio Supply Chain Finance