CPC, CPM, CPV, CPL e CPA: cosa significano e in cosa si differenziano

Aggiornato il / Di Andrea Meroni

Nel mondo del digital advertising, la capacità di monitorare le performance è il cuore di qualsiasi strategia di successo. Che si tratti di promuovere un prodotto, un servizio o semplicemente di aumentare la visibilità del brand, i dati offrono insight fondamentali per ottimizzare le campagne e massimizzare il ritorno sull'investimento (o Return On Investment, ROI).

Tra gli strumenti più utili per valutare l’efficacia delle campagne pubblicitarie troviamo una serie di metriche e indicatori di costo che aiutano gli inserzionisti a pianificare le spese e monitorare i risultati. Termini come CPC, CPM, CPV, CPL e CPA sono parte integrante del linguaggio del marketing digitale. Ma cosa significano e, soprattutto, come si differenziano tra loro? Lo scopriamo grazie a questo articolo redatto dall’Osservatorio Internet Media del POLIMI School of Management di Milano.

I modelli di costo più utilizzati nel Digital Advertising

Nell’universo del digital advertising, gli acronimi come CPC (Cost per Click), CPM (Cost per Mille), CPV (Cost per View), CPL (Cost per Lead) e CPA (Cost per Acquisition) rappresentano i principali indicatori di costo e modalità di acquisto di spazi nel digital advertising. Ognuno di essi ha uno scopo specifico e risponde a obiettivi pubblicitari differenti. Comprenderli è essenziale per pianificare strategie efficaci e scegliere la modalità più adatta alle proprie campagne.

Conoscere questi indicatori e sapere quando utilizzarli può fare la differenza tra una campagna che funziona e una che spreca risorse. Nei successivi paragrafi analizziamo nel dettaglio cosa significato questi acronimi, quando vengono utilizzati e in quali casi sia meglio adottarne uno rispetto a un altro.

CPC: significato, utilizzo e importanza

Il CPC (Cost per Click) è uno dei modelli più comuni e utilizzati nel digital advertising. In questo modello, l'inserzionista paga solo quando un utente clicca effettivamente sull'annuncio, rendendolo particolarmente adatto per campagne che puntano a generare traffico verso un sito web o una landing page. Tra i vantaggi principali derivanti dal suo utilizzo troviamo:

  • Misurazione diretta del coinvolgimento: si paga solo per utenti realmente interessati, che decidono di interagire con l'annuncio;
  • Controllo del budget: gli inserzionisti possono impostare un tetto massimo di spesa giornaliera o per campagna;
  • Acquisizione di un utente nella fase iniziale del funnel: è una strategia ottimale per attirare traffico nella fase di awareness e considerazione.

Il CPC è ampiamente utilizzato su piattaforme come Google Ads e Facebook Ads, dove il costo per click può variare in base alla competitività delle parole chiave o al pubblico target.

CPM e CPV: definizione e differenze col CPC

Il CPM (Cost per Mille) rappresenta il costo sostenuto dall'inserzionista per ogni 1.000 impressioni di un annuncio. In altre parole, si paga in base al numero di volte in cui l'annuncio viene mostrato agli utenti, indipendentemente dal fatto che questi vi interagiscano o meno.

Il CPV (Cost per View), invece, è una metrica utilizzata principalmente per campagne video. In questo modello, l'inserzionista paga quando un utente visualizza almeno una parte del video (ad esempio, i primi 30 secondi).

Proprio come per il CPC, anche in questi casi si tratta di andare a targetizzare un tipo di utente che ancora verosimilmente non ha interagito col brand e si ha quindi l’obiettivo di farsi conoscere ai suoi occhi. Tuttavia, rispetto al CPC, troviamo comunque delle sostanziali differenze, quali:

  • Il CPM e il CPV sono orientati alla visibilità e alla brand awareness, mentre il CPC si concentra sull'azione diretta (il click);
  • Il CPM è ideale per campagne di massa, dove l'obiettivo è raggiungere il maggior numero possibile di utenti, mentre il CPV si rivolge a chi punta sull'engagement visivo, come nel caso di video promozionali. Il CPC invece, come già accennato, punta ad ottenere un’interazione.

Questi modelli sono particolarmente efficaci per costruire l’awareness di un brand, ma non sempre garantiscono coinvolgimento diretto degli utenti o conversioni.

CPL e CPA: definizione, utilizzo e vantaggi

Il CPL (Cost per Lead) e il CPA (Cost per Acquisition) rappresentano modelli di costo orientati al risultato, posizionandosi più in basso nel funnel di conversione rispetto agli altri esempi precedentemente elencati.

Utilizzando il modello CPL (Cost per Lead) l'inserzionista paga solo quando un utente compila un modulo di contatto, si iscrive a una newsletter o fornisce informazioni utili per il remarketing. È particolarmente adatto per generare contatti qualificati.

Il modello CPA (Cost per Acquisition) invece prevede un pagamento solo quando viene completata una specifica azione, come un acquisto, una registrazione o un download. È uno dei metodi più efficienti per monitorare il ROI, poiché l'inserzionista paga solo per risultati concreti.

Mentre quindi il CPC si concentra su clic e traffico, CPL e CPA puntano su obiettivi di conversione specifici.

Come facilmente deducibile, CPL e CPA sono spesso più costosi rispetto al CPC, ma garantiscono un ritorno più diretto sugli investimenti, rendendoli ideali per campagne focalizzate su risultati di business tangibili.

Come scegliere il modello di pagamento più adatto (CPC, CPM, CPV, CPL, CPA)

La scelta del modello di pagamento ideale nel digital advertising dipende da diversi fattori, tra cui gli obiettivi della campagna, il tipo di pubblico che si desidera raggiungere e le metriche di successo. Ogni modello ha dei vantaggi specifici e può essere più o meno efficace in base alla fase del funnel di marketing in cui si trova la strategia pubblicitaria.

Il funnel di marketing è un modello che rappresenta il percorso che un potenziale cliente compie dall'iniziale consapevolezza di un prodotto o servizio fino all'acquisto. È suddiviso in fasi (come consapevolezza, interesse, decisione e azione) e aiuta le aziende a guidare i clienti attraverso il processo decisionale, ottimizzando le strategie per convertire i lead in clienti effettivi. La scelta del modello più adatto è, spesso, direttamente correlata a questo concetto.

Quando scegliere il CPC (Cost per Click)

Il CPC è particolarmente utile quando l’obiettivo primario è generare traffico verso un sito web o una landing page. Se si sta cercando di aumentare la visibilità iniziale del brand o di attrarre utenti interessati verso il prodotto, il CPC è il modello ideale.

È perfetto nelle fasi di awareness (consapevolezza) e considerazione del funnel, dove l’intento non è necessariamente quello di ottenere una conversione immediata, ma semplicemente portare gli utenti a cliccare sull’annuncio per esplorare il contenuto o il sito. Inoltre, il CPC è particolarmente vantaggioso quando si ha un budget limitato e si desidera ottenere un numero specifico di interazioni senza dover pagare per visualizzazioni o azioni non necessarie.

Quando scegliere il CPM (Cost per Mille Impressioni)

Il CPM è il modello da scegliere quando l’obiettivo della campagna è aumentare la visibilità del brand o ottenere il massimo delle impressioni su larga scala. Questo modello è particolarmente efficace nelle fasi di awareness (consapevolezza del marchio), dove l'obiettivo è raggiungere il maggior numero possibile di utenti, anche se non interagiscono direttamente con l'annuncio.

Il CPM è ideale per le campagne in cui la brand visibility è cruciale, come nelle campagne display o nei social media. Se si tratta di un prodotto di largo consumo e si vuole che la pubblicità venga vista da milioni di persone, il CPM è il modello migliore. Inoltre, è utile quando il pubblico target è ampio e non è necessario un coinvolgimento diretto, ma solo la visibilità dell’annuncio.

Quando scegliere il CPV (Cost per View)

Il CPV è specifico per le campagne video, ed è particolarmente utile se si desidera misurare il coinvolgimento attraverso la visualizzazione dei contenuti video. Se l’obiettivo è che gli utenti guardino una parte del video (ad esempio i primi 30 secondi), il CPV è la scelta migliore. È ideale nelle fasi di awareness e engagement, quando si desidera che il pubblico si immerga nei contenuti video del brand, ma che poi non necessariamente esegua azioni immediate come un click o una conversione.

Piattaforme come YouTube, Facebook e Instagram sono ideali per utilizzare il CPV, poiché si paga solo quando l'utente ha visualizzato una parte significativa del video, il che garantisce che l’annuncio abbia catturato davvero l’attenzione dell’utente.

Quando scegliere il CPL (Cost per Lead)

Il CPL è il modello perfetto per le campagne incentrate sulla generazione di contatti qualificati. Se si sta cercando di raccogliere lead (informazioni come e-mail, numeri di telefono, iscrizioni alla newsletter, ecc.), il CPL è il modello ideale. Questo è spesso il caso in cui si vuole che l'utente compia un’azione mirata che consenta di raccogliere informazioni di contatto per seguirlo successivamente con altre campagne o attività di remarketing.

Il CPL è più efficace quando l’obiettivo dell’azienda è di avvicinarsi al pubblico nelle fasi di considerazione o decisione del funnel, dove gli utenti sono già interessati e pronti a fornire i propri dati in cambio di contenuti esclusivi, offerte o altre opportunità. È spesso utilizzato in settori B2B, educazione, immobile e finanza, dove la qualità del contatto è più importante della quantità.

Quando scegliere il CPA (Cost per Acquisition)

Il CPA è la scelta ideale quando l’obiettivo principale della campagna è ottenere conversioni dirette o azioni misurabili, come acquisti, iscrizioni o download. Questo modello è più adatto nelle fasi finali del funnel, quando gli utenti sono già abbastanza qualificati e pronti ad agire. Se l’obiettivo aziendale è vendere un prodotto o raccogliere iscrizioni a un servizio, il CPA ti permette di pagare solo quando un’azione concreta e misurabile viene completata.

È particolarmente vantaggioso per campagne di performance marketing, dove la priorità è massimizzare il ritorno sugli investimenti (ROI). Il CPA è anche la scelta ideale quando si ha un pubblico ben definito e qualificato, come in campagne di remarketing o targeting specifico, dove si possono ottenere azioni molto mirate da utenti che hanno già interagito con i tuoi contenuti.

Come orientare la scelta

Provando quindi a riassumere quanto detto, la scelta tra questi modelli dipende principalmente da dove si trova il pubblico all’interno del funnel e dal tipo di azione che si vorrebbe far compiere. Inoltre, spesso e volentieri, le campagne vengono progettate utilizzando canali differenti e, quindi, utilizzando diversi di questi modelli allo stesso tempo.

In molte strategie di digital advertising, ad esempio, il CPC viene utilizzato nelle fasi iniziali del funnel per attrarre un ampio pubblico, mentre il CPA diventa fondamentale nelle fasi avanzate per spingere alla conversione gli utenti già qualificati. L’ideale è quindi integrare diversi modelli per ottenere un approccio bilanciato e completo.

La chiave è sempre quella di allineare il modello di pagamento agli obiettivi della campagna e monitorare costantemente le performance per ottimizzare l’approccio. In molte campagne potrebbe essere vantaggioso combinare più modelli, per esempio utilizzando il CPC nelle fasi iniziali per attrarre traffico, seguito dal CPA per convertire il pubblico in clienti paganti.

  • Autore

Ricercatore dell'Osservatorio Omnichannel Customer Experience