Copyright digitale: nuova era per l'editoria! Ma siamo sicuri?

19 settembre 2018 / Di Andrea Lamperti / 0 Comments

Fino a qualche tempo fa ci chiedevamo come i grandi editori della carta stampata dovessero comportarsi nei confronti di Google e Facebook. Se questi Over The Top internazionali fossero più una minaccia o un’opportunità.

Abbiamo assistito prima alla guerra di like e fan (ma esattamente cosa ce ne facciamo dei fan su Facebook?), poi alle diatribe su Instant Articles, AMP, YouTube, eccetera. Da oggi potremo iniziare da capo, introducendo in questo scenario la normativa votata dall’Unione Europea sul copyright digitale. Le grandi piattaforme, infatti, non potranno più utilizzare contenuti artistici e giornalistici senza pagare le relative fonti. Attenzione: si potrà ancora linkare semplicemente la pagina di una notizia o di un contenuto, ciò che non sarà più possibile è proporre gratuitamente una preview di sintesi (testuale e con immagini) che “soddisfi” l’esigenza dell’utente per indurlo a non cliccare sul link in oggetto.

 

Normativa europea sul copyright digitale: quali effetti per gli editori?

Quindi ripartiamo: come i grandi editori della carta stampata devono comportarsi nei confronti di Google e Facebook? Ebbene sì, perché non basta cantare vittoria per una normativa europea (che tra l’altro, prevede ancora diverse tappe e poi il recepimento dei singoli stati membri) che, almeno sulla carta, si pone a favore di editori e giornalisti. Bisogna di nuovo chiedersi come va interpretato, adesso, il nuovo panorama di mercato.

Ecco due scenari possibili.

1) Se gli editori abbandonassero Google e Facebook

Il primo: per le grandi piattaforme diventerà non conveniente investire nell’informazione e quindi abbandoneranno il loro sforzo in quest’area (esemplificando, addio Google News). Oltre al mancato introito da parte degli editori per l’assenza di link/preview ai loro articoli e alle loro pagine, questi stessi editori vedranno una diminuzione del traffico sul proprio sito, con conseguenze sulla raccolta pubblicitaria. Se la prima parte è solo “ipotetica” (ad oggi gli editori non ricevono alcun compenso), la seconda parte è assolutamente differenziale rispetto allo scenario attuale e un ulteriore calo di traffico metterebbe ancora più in difficoltà la già marginale (rispetto ai grandi OTT) raccolta pubblicitaria.

2) Se gli editori non abbandonassero Google e Facebook

Il secondo: gli editori rimangono presenti su queste piattaforme. Ok, ma a che prezzo? Il “potere contrattuale” degli editori è tale da riuscire a strappare condizioni migliori delle poche attualmente in vigore (ad es. la spartizione pubblicitaria degli spazi pubblicitari presenti in AMP e Instant Articles)? Se ci pensiamo bene, qualsiasi offerta messa sul tavolo dagli OTT agli editori per poter utilizzare a costo stracciato le loro news e i loro articoli sarebbe meglio di nulla. Che fonti di ricavo alternative hanno attualmente gli editori per poter dire no? Come possono pensare oggi di ricavare di più in altro modo?


Perché non è tanto lo stop all’utilizzo di contenuti artistici e giornalistici la vera questione. Il vero punto è: qual è l’alternativa possibile? È su questo ultimo passaggio che un editore, o ancora meglio, gli editori assieme (sarebbe anche ora) devono ragionare.

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  • Autore

Direttore dell’Osservatorio Internet Media - Ricercatore presso gli Osservatori Digital Innovation dal 2011.