L’Italia può vantare una leadership nel settore tecnologico e industriale della Space Economy fin dagli anni Sessanta. Nel corso degli anni la filiera si è popolata su tutti i livelli, dalla manifattura fino alla fornitura di servizi satellitari. Anche il panorama delle startup non è da meno, con il settore che mostra una rapida espansione.
In questo articolo esaminiamo più nel dettaglio quali sono i principali protagonisti dell’ecosistema italiano delle startup operanti nell’ambito delle tecnologie spaziali, attraverso la Ricerca dell’Osservatorio Space Economy del Politecnico di Milano.
Le startup e la Space Economy nel contesto italiano
A partire dallo Startup Act, emanato nel 2012, l'intero ecosistema italiano delle startup ha registrato diversi progressi significativi in termini di investimenti. Basti solo pensare che nel 2022 i finanziamenti in equity sono stati pari a 1,8 miliardi di euro, a fronte dei 112 milioni di euro del 2012.
Si tratta di un dato estremamente rilevante: rispetto al capitale di debito fornito dalle banche, gli investimenti in capitale di rischio vengono dati dagli investitori in cambio di quote della startup, senza tuttavia garanzie (come avviene invece con i prestiti tradizionali). Tali finanziamenti in equity dimostrano, quindi, il grado di fiducia verso queste giovani imprese e, presumibilmente, anche un indicatore di crescita per gli anni a venire.
In Italia prevalgono gli investimenti in startup operanti nel settore digitale. Gli ultimi anni, però, sono stati caratterizzati anche da una crescita nel settore deep tech, comprendente ad esempio tecnologie in ambito salute e biomedicale, tecnologie per la transizione energetica e tecnologie spaziali.
Diverse startup italiane hanno spesso origine nel mondo accademico, dove diversi ricercatori sviluppano i loro progetti di ricerca dando vita a vere e proprie iniziative imprenditoriali (è il caso della Genenta Science, costituita come spinoff dell’Università San Raffaele e oggi quotata al NASDAQ). Si tratta di un vantaggio competitivo importante nei confronti di altri ecosistemi europei dalle dimensioni simili a quelle italiane.
In Italia il settore dell'Economia dello Spazio gode di una centralità strategica nazionale da oltre sessant'anni. Dopo Stati Uniti e Unione Sovietica, il nostro fu il terzo Paese a conquistare un accesso autonomo allo Spazio, con il lancio del satellite San Marco 1 (15 dicembre 1964).
Da allora l’ecosistema è sempre attento allo sviluppo e alla competitività internazionale, grazie agli sforzi di istituzioni e attori (come le numerose PMI d’eccellenza nel settore). In questo clima di grande fermento, le startup della Space Economy possono godere di supporto verticale rispetto a startup operanti in altri settori: sono infatti diversi gli incubatori, acceleratori e programmi di trasferimento tecnologico incentrati unicamente sulla Space Economy, insieme a due fondi di venture capital dedicati.
Gli attori a supporto delle startup operanti nella Space Economy
Come abbiamo appena accennato, esistono diversi attori che supportano l’ecosistema delle startup della Space Economy in Italia: in primis vi sono gli incubatori, seguono gli acceleratori e, infine, i parchi tecnologici.
- Incubatori: gli organismi che forniscono supporto nella loro fase iniziale, attraverso risorse e servizi come spazi di lavoro, alla fornitura di mentoring, ecc.
- Acceleratori: supportano realtà già esistenti, ma non ancora pienamente avviate. Offrono una formazione accelerata e accesso a risorse finanziarie e investitori.
- Parchi tecnologici: spazi progettati per ospitare imprese innovative, dotati di servizi condivisi e strutture avanzate per favorire la collaborazione tra le giovani realtà imprenditoriali, ma anche università e istituti di ricerca.
Partendo da questi ruoli, analizziamo quali sono i principali protagonisti del contesto italiano.
L’ESA e gli incubatori BIC, il ruolo nell'economia dello spazio
Dal 2005 l’ESA (Agenzia Spaziale Europea) mette a disposizione in Italia e in Europa i suoi incubatori, chiamati BIC (Business Incubation Centers), per supportare le startup operanti nel settore della Space Economy. I BIC prevedono un periodo di massimo due anni di incubazione per le startup, durante i quali è possibile beneficiare di un’alta formazione specialistica, accedere a finanziamenti, sostegno tecnico e, in generale, raggiungere una solida base tecnica per la crescita e il successo della start-up.
Oltre a ciò, i Business Incubation Centers offrono servizi di consulenza di tipo aziendale, legale e sulla proprietà intellettuale, che consentono alle imprese di sviluppare strategie solide e allo stesso tempo proteggersi e tutelarsi. Durante questa fase le startup possono anche confrontarsi con aziende del settore già avviate e consolidate, grazie alle numerose partnership dei BIC.
Si tratta di importanti occasioni di networking e di collaborazioni strategiche, che offrono opportunità di business uniche. Inoltre, i BIC consentono anche di ottenere 50.000 euro di finanziamenti senza diluizione del capitale, finalizzati allo sviluppo di prodotti e IP, sollevando così le startup da ulteriori preoccupazioni finanziarie.
Il primo BIC è stato aperto nel Lazio nel 2009 e da allora ha incubato 46 startup. A questo sono seguiti nuovi centri a Torino, che vanta già 18 startup di Space Economy incubate, mentre a Milano, Padova e Brindisi diventeranno operativi nuovi incubatori nei prossimi mesi.
Galaxia: un incubatore tutto italiano per le startup della Space Economy
Se, tuttavia, i BIC sono incubatori comuni nel contesto internazionale, in Italia esiste un’altra iniziativa, completamente nostrana: Galaxia. Si tratta di un Polo Nazionale di Trasferimento Tecnologico dell'Aerospazio, attivo dal 2003 e sostenuto da CDP Venture Capital e Obloo.
Il suo obiettivo è di promuovere il ruolo delle innovazioni della Space Economy italiana nel mondo, ponendo particolare attenzione alle startup deep-tech. Galaxia collabora con Università, come il Politecnico di Torino e La Sapienza di Roma, e con istituzioni quali, ad esempio, la stessa ESA e l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), creando una sinergia tra organizzazioni pubbliche e private. In questo modo si propone di costruire un ambiente favorevole alla trasformazione dei risultati della ricerca in innovazione e alla nascita di una nuova componente imprenditoriale, oltre che di nuovi investitori.
L’agenzia Galaxia fornisce fondi principalmente per la fase di vita iniziale (e anche più critica) delle startup operanti nella Space Economy, con investimenti di circa un milione di euro. Oltre a ciò l’agenzia spaziale, coordinata da Obloo, offre un programma di incubazione tecnica (come coaching studiati ad hoc per migliorare il business plan) e creazione d'impresa per sostenere le startup fino al loro lancio sul mercato e alla fase di scale-up.
A oggi il portfolio delle startup incubate da Galaxia comprende numerose realtà, tra cui Vento CFD srl, MESPAC srl, PicoSaTs, ARCA Dynamics, Focoos AI, Astradyne, ORiS e AdapTronics.
Acceleratori per le startup della Space Economy: Takeoff Accelerator
Takeoff Accelerator è un’altra iniziativa italiana, situata a Torino, incentrata sulle startup della Space Economy operanti nei settori dell'aerospazio dell’upstream e dell'advanced hardware. Si tratta di un’organizzazione a cui prendono parte CDP Venture Capital, insieme a Fondazione CRT, UniCredit, Plug and Play Tech Center e OGR Torino, e ora anche Unione Industriali Torino, Gruppo Leonardo e Avio.
Takeoff Accelerator si concentra sul supporto alle start-up che utilizzano intelligenza artificiale e Big Data nel settore manifatturiero all’interno di diversi ambiti, dalle tecnologie aerospaziali all'air mobility. Il Plug and Play Tech Center agisce come co-investitore e gestore operativo, mentre OGR Torino fornisce supporto all'innovazione e networking, offrendo una sede presso OGR Tech, un hub dedicato all'innovazione e all'accelerazione d'impresa.
Il programma dispone di oltre 21 milioni di euro per investimenti sia nella fase di accelerazione delle startup, sia nelle successive fasi di crescita. All’interno del suo programma Takeoff seleziona annualmente fino a 10 startup in fase seed e pre-seed per un percorso di accelerazione di 5 mesi. Queste ricevono un investimento di 120.000-150.000 di euro, combinato con servizi di accelerazione per rafforzare il prodotto e il modello di business e per fornire ulteriori strategie.
Le start-up che per prime hanno beneficiato del programma includono ARCA Dynamics, Vitruvian, Pers, Revolv, REA, SphereCube, X-Ender, Sortie, Xylene e Stratobotic. La seconda edizione ha selezionato start-up promettenti come Betadynamiq, Golbriak, Dromt, DM-AirTech, Space Frontier, Involve Space, Airizon e DRB Aero, che avranno la possibilità di ricevere ulteriori 800.000 euro di investimenti fino alla fine del programma.
Fondi di Venture Capital per le startup della Space Economy
L'Italia possiede ben due fondi di Venture Capital dedicati alle start-up della Space Economy, che consistono in veicolo di investimento che raccolgono capitali da investitori istituzionali, privati o aziende per finanziare start-up e imprese con alto potenziale di crescita. In cambio dei finanziamenti, viene acquisita una quota azionaria nelle startup e/o aziende, con l'obiettivo di ottenere un ritorno sugli investimenti.
Dal 2020 è operativo Primo Space Fund, un fondo di 86 milioni di euro amministrato da Primo Ventures, dedicato a team con progetti seed ed early stage. Offre finanziamenti più piccoli per start-up con Technology Readiness Level (TRL) basso e fino a 5 milioni di euro per startup più affermate. Si concentra su diverse aree della New Space Economy, tra cui infrastruttura spaziale, applicazioni basate su tecnologie spaziali, Space-as-a-Service (ad esempio ricerca in orbita e Osservazione della Terra) e altre tecnologie abilitanti per la Space Economy (come la robotica e la sicurezza informatica).
Anche opera principalmente in Italia, il fondo estende la sua attività nell'Unione Europea, in Svizzera, nel Regno Unito, in Israele e negli Stati Uniti. Finora, Primo Space Fund ha investito 33 milioni di euro della sua dotazione in 12 start-up, di cui 8 italiane e 4 straniere, e 3 ulteriori follow up su specifiche start-up. Il suo portfolio comprende AIKO, Apogeo Space, D-Orbit, Irreo, Eoliann, Leaf Space e Siderus Aerospace.
Più recente è Italia Space Venture, un fondo per la Space Economy lanciato nell’estate 2022 e avente una dotazione di 250 milioni di euro gestiti da CDP Venture Capital. Tali fondi sono stati impiegati per avviare Galaxia, mentre altri vengono investiti in collaborazioni con ulteriori fondi in qualità di co-investitori. Nascono così i national champion della Space Economy, grazie ai quali è possibile avviare operazioni di investimento di maggiore portata, fondamentali in un panorama sempre più competitivo.
L'Italia ha dunque un promettente ecosistema di startup nel settore della Space Economy, supportato da ulteriori investimenti significativi: nel 2016 è stato introdotto un Piano Strategico Nazionale Space Economy, con un fondo di 4,6 miliardi di euro da investire nell'industria spaziale nei successivi 10 anni. Il finanziamento è stato incrementato di 1,5 miliardi di euro dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), allineando pienamente le disponibilità delle risorse per sostenere lo sviluppo delle startup nell'ambito spaziale in Italia.
Scopri le opportunità della Space Economy e come sfruttarla per la tua azienda
- Autore
Ricercatore dell'Osservatorio Space Economy e dell'Osservatorio Startup Hi-tech
Gli ultimi articoli di Jacopo Manotti
-
Space Economy, come evolvono le startup di settore in Italia 01 febbraio 2024
Rimani aggiornato sui trend dell’Innovazione Digitale
Inserisci qui la tua email
Potrebbe interessarti
Articoli più letti