L’impatto della Brexit sul Supply Chain Finance

17 maggio 2017 / Di Antonella Moretto / 0 Comments

Dal 24 giugno scorso, giorno in cui i risultati del referendum sulla “Brexit” sono diventati pubblici, il dibattito è forte relativamente alle implicazioni che l’uscita del Regno Unito dalla UE avrà sulla politica, sull’economia e sulla finanza del Vecchio Continente. Ma è uno studio pubblicato dai Lloyds Bank nella primavera 2017 che mette in luce anche l’impatto che la Brexit sta avendo sul capitale circolante operativo netto, vale a dire il fabbisogno finanziario delle imprese per alimentare le proprie attività correnti, che costituisce il mercato potenziale chiave delle soluzioni di Supply Chain Finance. 

Lo studio si basa sul calcolo di un indicatore denominato “Working Capital Index” che punta a misurare l’evoluzione del capitale circolante operativo delle imprese operanti in UK. Cosa rivelano i dati pubblicati da Lloyds Bank? Tale indicatore ha raggiunto un valore pari a 104.1, in crescita rispetto ai dati pre-Brexit, rispetto ad una baseline di 100. Come mai si riscontra negli ultimi mesi una crescita del capitale circolante operativo netto? La prima voce che evidenzia un impatto significativo è relativa ai crediti commerciali: tali crediti hanno registrato un aumento significativo da quando la Brexit ha avuto luogo, a causa di un allungamento dei tempi di pagamento da parte dei clienti. Il secondo parametro fortemente impattato è quello relativo alle scorte: a inizio 2016, le imprese hanno avviato una politica di forte accumulo di scorte al fine di coprire le necessità per l’intero anno, a causa dei timori di aumento dei prezzi. Non si rileva, invece, un deterioramento per il momento dei tempi di pagamento nei confronti dei fornitori, forse a fronte della volontà di preservare in qualche modo le condizioni per fornitori di dimensioni più piccole o per le richieste della UE di controllare in modo rigido i tempi di pagamento.

Come spesso accade, inoltre, tali valori tendono ad essere più negativi se si guarda alla situazione delle piccole imprese, che rivelano un indice medio pari a 107,9 rispetto alla media registrata dalle grandi imprese di 101,4.

Che segnali dobbiamo leggere da questi dati? Ovviamente è prematuro fare valutazioni orientate al lungo periodo, in quanto gli effetti della Brexit sono ancora lontani dal rivelarsi. Si può, però, cominciare a sottolineare come gli indicatori finanziari più legati all’economia reale comincino a mostrare i primi segnali di evoluzione, rappresentativi delle aspettative e dei timori che il fenomeno sta portando, anche per le imprese che operano sul territorio anglosassone. Si riscontra un uso dei capitali non sempre efficace e orientato ad una gestione manageriale e sostenibile della filiera. In questo contesto, le soluzioni di Supply Chain Finance potrebbero giocare un ruolo chiave nel mantenere sotto controllo tali valori, senza rischiare effetti di deterioramento a catena delle prestazioni dell’intera filiera. Il secondo punto che merita un commento è ancora il ruolo che le piccole e medie imprese ricoprono nell’economia: come troppo spesso accade, in quanto attori più deboli, queste tendono a pagare eccessivamente gli effetti di politiche non sempre morigerate. Pertanto, le scelte delle grandi imprese, anche in termini di Supply Chain Finance, dovrebbero puntare ad ottimizzare la gestione del capitale circolante dell’intera filiera, andando a supportare i nodi più deboli della catena. L’ultimo aspetto da considerare, che apre più ad interrogativi che a risposte, riguarda invece l’effetto domino: quanto stiamo verificando nel mercato anglosassone si può considerare un caso isolato o si preannuncia essere un primo segnale di una nuova crescita del capitale circolante operativo a livello internazionale?


Di Antonella Moretto e Federico Caniato, Direttori Osservatorio Supply Chain Finance

  • Autore

Ricercatore in ambito Purchasing and Supply Management presso la School of Management del Politecnico di Milano e Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance. Docente di Supplier Relationship Management nel corso di laurea in Ingegneria Gestionale.