2020: un punto di discontinuità per l’Identità Digitale

Aggiornato il / Creato il / Di Clarissa Falcone

Negli scorsi anni, interventi normativi e innovazioni in ambito tecnologico hanno preparato il terreno per lo sviluppo e la diffusione di sistemi di identità digitale, ma è stata l’emergenza sanitaria con i relativi lockdown a determinare il cambiamento di passo a cui stiamo assistendo oggi.

È stato questo il fil rouge che ha guidato i lavori del Convegno "Alla ricerca dell’identità… digitale" del neonato Osservatorio Digital Identity, occasione per presentare i principali risultati della Ricerca 2020 e per discuterne con gli ospiti italiani e internazionali maggiormente attivi nell’ambito dell’identità digitale.

 

"Alla ricerca dell'identità... digitale"
Numeri e prospettive di business dei sistemi di Identità Digitale in Italia

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La valorizzazione dell’identità digitale nei diversi ambiti applicativi

Una dimensione chiave per comprendere le potenzialità di utilizzo dell’identità digitale è il livello di garanzia dei dati, o Level of Assurance (LoA), determinato dal grado di affidabilità dei processi di identificazione e autenticazione dell’utente, fortemente interconnesso con la criticità dei diversi servizi accessibili grazie all’identità digitale.

In base a questi parametri, sono cinque i modelli di identità digitale identificati dall’Osservatorio:

  • da un lato i sistemi di Social ID ed eCommerce ID, caratterizzati da un LoA medio-basso che consente l’accesso a servizi a basso livello di criticità;
  • dall’altro sistemi trusted come Financial ID, Mobile ID ed eGov ID, con un LoA medio-alto che apre opportunità di valorizzazione negli ambiti applicativi dove è richiesto un riconoscimento sicuro dell’utente.

Focalizzando l’attenzione sui modelli trusted, Financial ID e Mobile ID hanno una connotazione più orientata all’ambito business, con un ricco set di dati e un’esperienza utente più fluida che rendono questi modelli interessanti sia per l’utente sia per il fornitore di servizi.

Leggermente diverso è il caso delle eGov ID, che in molti casi faticano a trovare una strategia per valorizzare il potenziale finora inespresso. Infatti, le “porte” che potrebbero essere aperte con queste “chiavi” trusted, certificate e sicure, sono molteplici: dall’apertura di un conto corrente alla sottoscrizione di un contratto per un’utenza telefonica, passando per la consultazione dei propri record sanitari.

In questa direzione, l’emergenza sanitaria ha costituito un importante fattore di accelerazione. Da un lato, le aziende si sono trovate a ripensare drasticamente le modalità di erogazione dei loro servizi, rendendoli disponibili anche da remoto. Dall’altro, gli utenti – spesso poco avvezzi alla fruizione in digitale – hanno scoperto la possibilità di effettuare transazioni direttamente “dal divano di casa”, nella maggior parte dei casi beneficiando di importanti risparmi di tempo, talvolta non senza difficoltà e complicazioni inattese.

Questo cambiamento strutturale ha toccato in modo trasversale diversi settori e tipologie di utenti, riflettendosi in un maggiore utilizzo dei sistemi di identità digitale a livello nazionale e internazionale.

 

Le tecnologie abilitanti e i trend innovativi dell'Identità Digitale

L’ampia diffusione di sistemi di riconoscimento biometrico tra gli utenti e i progetti pilota lanciati per sviluppare sistemi di Self-Sovereign Identity (SSI) sono solo alcuni esempi della vivacità del panorama tecnologico a supporto dell’identità digitale.

Importanti spinte innovative vengono anche dall’ecosistema delle startup attive in questo ambito: nel 2019 l’Osservatorio ha censito e analizzato 173 startup nate a partire dal 2015 e che hanno ricevuto il loro ultimo finanziamento dal 2018. Per le 130 realtà di cui sono noti i dati di finanziamento, emerge che l’ammontare complessivo delle quote raccolte è pari a circa 721 milioni di dollari, con una media di circa 5,6 milioni di dollari per startup.

L’ecosistema risulta quindi piuttosto giovane, sebbene possano essere già individuati dei trend interessanti:

  • quasi una startup su due mira a semplificare il riconoscimento dell’utente garantendo elevati standard di sicurezza, tramite il riconoscimento biometrico; queste realtà raccolgono un finanziamento medio pari a 5,3 milioni di dollari;
  • a presidio della fase di autenticazione si posiziona il 31% delle startup censite, che offre soluzioni basate su tecniche di artificial intelligence e machine learning; questo è decisamente il cluster che raccoglie maggiori investimenti, con un finanziamento medio pari a pari a 8,9 milioni;
  • il 34% delle startup censite si occupa della gestione di API e dell’integrazione delle interfacce di diversi applicativi, ottenendo un finanziamento medio di 6,8 milioni di dollari;
  • circa una startup su tre basa la propria proposta di valore su infrastrutture decentralizzate, come la blockchain, raccogliendo in media un ammontare di finanziamenti pari a 4,3 milioni di dollari.

Il contesto italiano: una stratificazione di diversi sistemi

Concentrando l’attenzione sul panorama italiano dell’identità digitale, è opportuno considerare due diverse prospettive: l’ambito business e l’ambito governativo.

Partendo dal primo, alcuni settori o singole organizzazioni – principalmente banche e istituti finanziari – hanno sviluppato nel tempo dei sistemi di riconoscimento sicuro per i propri clienti. Tuttavia, manca una direzione comune e un coordinamento strutturato di questi sforzi, al fine di mettere a fattor comune il potenziale dell’identità digitale a livello di sistema Paese.

In modo speculare, le identità proprietarie delle singole pubbliche amministrazioni hanno proliferato per anni, con notevoli problematiche di sicurezza e integrazione dei diversi profili. Uno sforzo di armonizzazione e integrazione è arrivato nel 2016 con il rilascio della nuova versione della Carta di Identità Elettronica (CIE 3.0) a cui nella primavera di quest’anno è stata anche associata un’app mobile per la completa digitalizzazione del documento fisico (CieID).
Al momento sono state rilasciate oltre 18 milioni di CIE, tuttavia questo dato non è utile per stimare l’effettiva diffusione di questo sistema come riconoscimento in ambito digitale: non è detto, infatti, che tutti i possessori di CIE utilizzino le credenziali associate tramite l’app per l’accesso ai servizi online.

Luci e ombre del Sistema Pubblico di Identità Digitale

Parallelamente, il 2016 ha visto anche la nascita di SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, con un modello federato a cui aderiscono 9 identity provider pubblici e privati, guidati dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). A fine 2019, erano 5,4 milioni gli italiani ad avere attivato l’identità SPID, mentre a novembre 2020 si è superata quota 13 milioni, con una crescita del 140% in meno di un anno. Contestualmente è cresciuto anche l’utilizzo: a gennaio 2020 erano 6,2 milioni gli accessi con SPID, mentre a ottobre 2020 erano più che raddoppiati, arrivando a 16,7 milioni.

Nonostante gli importanti tassi di diffusione e utilizzo della soluzione, attualmente permangono alcuni elementi di criticità legati alla rosa di servizi accessibili:

  • sono solo circa 5.300 le Pubbliche Amministrazioni (PA) che consentono ai cittadini di italiani di usare SPID per fruire di almeno un loro servizio digitale, un numero ben lontano dall’obiettivo definito dal Governo di 10.000 PA aderenti entro il 2020;
  • sono solo 12 i fornitori di servizi privati che hanno aderito a SPID.

Il quadro che si delinea, quindi, presenta luci e ombre: da un lato, in particolare nell’ultimo periodo, si è registrata un’interessante accelerazione di rilasci agli utenti finali, mentre dal lato dei servizi fruibili si sta cominciando solo adesso a catalizzare l’attenzione sul tema, grazie anche a fenomeni esogeni e di contesto.

Quale futuro per le identità digitali?

In conclusione, come capitalizzare al massimo la spinta di questa trasformazione? È sicuramente fondamentale creare una strategia organica di gestione del panorama delle identità digitali nate sia in ambito governativo sia in ambito business. Quindi non più silos indipendenti che evolvono caoticamente in direzioni opposte, ma tasselli di un mosaico più armonico, che abbia come unico obiettivo quello di soddisfare il diritto a un’identità digitale sicura e certificata.

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