Il 30 aprile 2021 il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è stato inviato alla commissione europea. 191,5 miliardi da spendere, da qui al 2026, per rilanciare il Paese e superare il duro colpo inferto dalla pandemia.
Tra questi, 9,75 miliardi (sotto la voce di investimento denominata M1C1) sono dedicati a “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella Pubblica Amministrazione”. Gli obiettivi in quest'area vanno dal potenziamento di piattaforme esistenti, come PagoPA e l’appIO, alle sperimentazioni, come quelle in ambito mobilità urbana.
Una delle voci che trova una direzione esplicita, particolarmente sfidante, è quella dell’identità digitale: un fattore abilitante che permette l'orchestrazione fluida di tutti i progetti dell'area, una chiave potente e sicura nelle mani dei cittadini per le interazioni nel mondo fisico e digitale.
A che punto siamo con l’identità digitale?
Per comprendere meglio gli obiettivi tracciati dal PNRR, è utile fare il punto della situazione: attualmente i principali strumenti di identificazione che permettono di accedere ai servizi online offerti dalla Pubblica Amministrazione – e da alcune aziende private – sono SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) e CIE (Carta d’Identità Elettronica).
A gennaio 2023 SPID ha superato quota 33 milioni di identità attivate, raggiungendo il 67% di diffusione nella popolazione maggiorenne. Analogamente, anche CIE è attualmente in possesso di oltre 32 milioni di cittadini (va però ricordato che CIE segue logiche differenti, essendo rilasciata come documento di riconoscimento obbligatorio alla scadenza della carta di identità cartacea, e che il numero degli utenti in possesso della smartcard non corrisponde a coloro che la utilizzano effettivamente anche per l’accesso ai servizi online).
Nel corso del 2022, sono cresciuti anche i servizi accessibili, sia lato pubblico – dove si è raggiunto il 98% delle pubbliche amministrazioni, anche a seguito della dismissione delle credenziali proprietarie con il Decreto Semplificazioni – sia lato privato.
A oggi, sono oltre 15 mila le Pubbliche Amministrazioni che consentono l’accesso ai propri servizi online anche attraverso SPID e 164 i fornitori di sevizi privati attivi. È cruciale ora operare su diversi fronti per consolidare questa crescita, sia in ambito pubblico che privato. Nel primo caso, in particolare, occorre lavorare sulla digitalizzazione del back-end di servizi, così da valorizzare il potenziale dell’identità digitale. Nel secondo caso, invece, occorre creare una strategia di coinvolgimento che spinga la grande massa critica di aziende, ancora non interessate, a valutare l’integrazione di sistemi nazionali.
La gestione dell’identità digitale degli utenti nelle grandi aziende: a che punto siamo?
L’identità digitale nella strategia del PNRR e le evoluzioni all’orizzonte
Il potenziamento dei servizi digitali, con attenzione ai temi di identità e autenticazione, si colloca in una più ampia riforma della Pubblica Amministrazione, che ha l’obiettivo di “sburocratizzare” i processi, riducendone drasticamente tempi e costi e semplificando la vita di cittadini, imprese ed enti.
Ma torniamo al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Per tracciare la strategia “Italia digitale 2026”, sono stati delineati cinque obiettivi:
- Diffondere l’identità digitale, raggiungendo una penetrazione pari al 70% della popolazione;
- Colmare il gap di competenze, rendendo il 70% della popolazione abile nell’utilizzo di strumenti digitali;
- Favorire l’adozione di servizi in Cloud all’interno del 75% delle PA italiane;
- Raggiungere l’80% dei servizi pubblici erogati online;
- Arrivare a una copertura totale (100%) di famiglie e imprese con reti a banda ultra-larga.
Focalizzando l’attenzione sull’identità digitale, il PNRR esplicita la volontà di rafforzare il sistema, “partendo dalle piattaforme esistenti (SPID e CIE), ma convergendo verso una soluzione integrata e sempre più semplice per gli utenti” (come recita il paragrafo dedicato all’Investimento 1.4: Servizi digitali e cittadinanza digitale).
I principali driver che guideranno le scelte in materia saranno la user experience e l’accessibilità dei servizi digitali, tramite interventi atti ad armonizzare le pratiche di tutte le pubbliche amministrazioni verso standard comuni di qualità, per migliorare il più possibile l’esperienza d’uso del cittadino con tutti gli strumenti a disposizione: non solo SPID e CIE ma anche PagoPa, App IO e una nuova piattaforma unica di notifiche digitali, più volte menzionata come novità di prossima introduzione.
Perché il PNRR è una svolta per l'identità digitale
Il PNRR segna un punto di svolta su molteplici fronti, tra cui quello strategico: per la prima volta, infatti, viene esplicitata la volontà di superare il dispersivo pluralismo che ha caratterizzato i sistemi di riconoscimento in questi anni, delineando una direzione – sebbene con contorni sfumati – di sviluppo sinergico.
Un ulteriore fronte è quello dell’adozione concreta da parte degli utenti finali. Guardando ai numeri attuali, raggiungere oltre 40 milioni di cittadini con sistemi di identità digitale può sembrare un obiettivo poco ambizioso. Tuttavia, è importante considerare che l’emergenza pandemica ha dato un’importante spinta ai sistemi di identità digitali, ma non abbiamo ancora raggiunto una diffusione soddisfacente.
Se da aprile 2020 SPID ha registrato un tasso di crescita del 208% in termini di utenti in possesso di queste credenziali, ora è necessario portare l’identità digitale anche alle fasce della popolazione meno familiari con questi strumenti. Da un lato abbiamo le generazioni più anziane, tipicamente meno digitali, che ancora faticano a gestire le proprie interazioni da remoto e sono tagliate fuori da una esperienza utente ancora “ruvida e incespicante”; dall’altro – di contro – i minori, per cui la possibilità di attivazione di un’identità digitale è stata normata solo nel 2022, ma per cui i servizi sono molto limitati (più che altro si tratta dell’ambito scolastico) e le modalità di rilascio sono ancora complesse, a causa del legame con l’identità digitale del genitore.
E questo è un tema che sta diventando sempre più urgente. In un mondo social e digitale come quello in cui oggi sono immersi i ragazzi, è impensabile non prevedere il rilascio (e, di pari passo, l’adeguata educazione) di un’identità che supporti in maniera certificata e sicura le loro interazioni online.
Altri sviluppi normativi e tecnologici di SPID che hanno avuto luogo nel 2022 sono:
- l’introduzione dei gestori di attributi qualificati, con l’obiettivo di arricchire l’identità dell’utente finale aprendo a nuove opportunità di utilizzo;
- la regolamentazione dei soggetti aggregatori di service providerprivati, che facilitano l’entrata nell’ecosistema;
- l’introduzione del protocollo OpenID Connect, che supporta l’interoperabilità dei dati identificativi e migliorerà l’esperienza utente dell’intero sistema.
Cercando di trovare la quadra, SPID e CIE rappresentano quindi i fattori abilitanti per un’architettura complessiva, due tra gli elementi fondanti che confluiranno in un sistema di identità digitale più integrato e semplice che si propone come la chiave di accesso universale sia a piattaforme esistenti sia nuove, in cui l’utente è davvero messo al centro di un ecosistema interconnesso e dinamico al suo servizio.
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Direttore dell'Osservatorio Digital Identity e Ricercatrice dell'Osservatorio Cyber Security & Data Protection
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