Tra le imprese italiane si diffondono interpretazioni originali ed innovative del Design Thinking

28 marzo 2018 / Di Claudio Dell'Era / 0 Comments

Cresce l’attenzione di manager, imprenditori, consulenti e si diffonde fra le imprese italiane il Design Thinking, l’approccio alternativo all’innovazione che si basa sull’abilità di integrare capacità analitiche, supportate da metodologie e tecniche quantitative, con attitudini creative, basate su processi di inferenza più sintetici e diretti.

Un approccio sempre più pervasivo in vari contesti - dalla consulenza direzionale alla trasformazione digitale, dalla progettazione di esperienze digitali (UX/UI) allo sviluppo di nuove esperienze di consumo - come dimostrano le recenti acquisizioni avvenute nel mondo da parte di società di consulenza o di attori attivi nella trasformazione digitale nei confronti di agenzie di design, la moltiplicazione di corsi di laurea e MBA centrati sul tema del “design management”, la nascita di startup che contribuiscono ad arricchirei servizi di supporto all’innovazione.

L’ecosistema italiano evidenzia interpretazioni originali ed innovative di tale paradigma in continua trasformazione. Sono state analizzate oltre 60 imprese che adottano il Design Thinking nei propri processi di innovazione. 47 di queste basano i propri servizi di consulenza su tale paradigma: il campione è costituito da agenzie digitali, studi di design, società di consulenza strategica e di sviluppo tecnologico. Utilizzano il Design Thinking per risolvere problemi complessi e ambigui sfruttando capacità analitiche e intuitive, per realizzare e testare prodotti o servizi pilota, per coinvolgere più profondamente i lavoratori nel processo creativo o per ridefinire la vision aziendale.

Dalla ricerca emerge come non esista un unico approccio al Design Thinking in grado di adattarsi a tutti i problemi posti dai processi di innovazione, ma che è possibile riconoscere quattro modelli principali.

Il più adottato (scelto dall’81% delle imprese analizzate) è il Creative Problem Solving, l’approccio di Design Thinking per il quale le imprese innovano comprendendo i bisogni dell’utente e immaginando la più elevata gamma di soluzioni possibili per rispondere alle sue esigenze, per poi restringere il campo fino a trovare la soluzione dominante. Gli studi di design sono le aziende in cui l’adozione di questo approccio è più diffuso (94%), seguiti dalle società di sviluppo tecnologico (82%), dai consulenti strategici (69%) e dalle agenzie digitali (67%). Oltre ad essere molto diffuso, questo modello assume anche un peso rilevante nel portafoglio delle aziende: il 66% del fatturato annuale di queste imprese deriva da servizi basati su questo modello, di cui il 73% riguarda l’ambito Solution (in particolare 33% dei ricavi derivano da servizi), il 19% l’ambito Direction (di cui il 12% relativo al business model) e il 9% l’ambito People (di cui il 6% per l’organizzazione e i processi).

Il secondo modello più adottato (49%) è la Sprint Execution, l’approccio che punta a realizzare un prodotto pronto per essere lanciato sul mercato e in linea con le esigenze degli utenti, che viene poi migliorato dopo aver analizzato l’interazione e la reazione dei consumatori. È utilizzato soprattutto dalle agenzie digitali (100%), mentre è preso molto meno in considerazione dai consulenti strategici (46%), dagli sviluppatori tecnologici (45%) e dagli studi di design (35%). Quasi metà del fatturato annuale di queste aziende (48%) è correlato a servizi basati su questo approccio, concentrato prevalentemente nell’ambito Solution (86% di cui il 35% riguarda i prodotti), mentre soltanto quote minoritarie riguardano gli ambiti Direction (10%) e People (5%).

Un’impresa su tre del campione (pari al 34%), poi, utilizza la Creative Confidence, un modello che si differenzia dai primi due perché punta principalmente sul coinvolgimento delle persone per creare e alimentare una cultura organizzativa e una mentalità adatte ad affrontare con fiducia i processi di innovazione. Questo approccio è adottato soprattutto dai consulenti strategici (54%), seguiti dagli studi di design (35%) e dagli sviluppatori tecnologici (27%), mentre non è presente fra le agenzie digitali. La minore diffusione di questo modello si riflette anche nel suo peso sui risultati finanziari delle imprese: i servizi basati su questo approccio valgono il 35% del fatturato annuale, di cui il 54% concentrato nell’ambito People (31% organizzazione e processi), il 26% nell’ambito Solution (di cui il 16% nei servizi) e il 19% nell’ambito Direction (in cui spicca il 13% per il business model).

L’Innovation of Meaning, infine, è l’approccio col quale le imprese ridefiniscono la visione aziendale, i messaggi e i valori legati ai prodotti e ai servizi che offrono. Questo modello è adottato dal 34% del campione, con i consulenti strategici (46%) e gli studi di design (41%) che si mostrano più avanti nell’adozione, mentre appaiono meno interessate le agenzie digitali (33%) e gli sviluppatori tecnologici (9%). Anche in questo caso, alla minor diffusione corrisponde un minor impatto sui risultati finanziari: l’Innovation of Meaning vale il 35% del fatturato annuale delle imprese che la adottano, concentrato soprattutto nell’ambito Direction (42%, di cui il 24% business model) e Solution (37%), in cui spiccano i servizi col 17%, mentre è più marginale la quota che deriva dall’ambito People (22%).


Claudio Dell’Era e Stefano Magistretti, Osservatorio Design Thinking for Business

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  • Autore

Professore Associato presso la School of Management del Politecnico di Milano e co-fondatore di LEADIN'Lab, Laboratorio di LEAdership, Design and Innovation. Gli interessi di ricerca di Claudio Dell'Era si concentrano sui temi Design Thinking e Design-Driven Innovation. Ha pubblicato più di 50 articoli scientifici in riviste internazionali come Journal of Product Innovation Management, Long Range Planning, R&D Management, International Journal of Operations & Production Management, Industry & Innovation, International Journal of Innovation Management.