Fattura elettronica tra privati: oltre l’adempimento

08 gennaio 2018 / Di Claudio Rorato / 0 Comments

Il solco è tracciato: il disegno di legge n° 2960, recentemente approvato dal Senato, introduce l’obbligo di utilizzo della fatturazione elettronica tra privati a partire dal 1/1/2019 (fatte salve le eccezioni relative alla cessione di carburanti per motori e le prestazioni dei subappaltatori nei contratti di appalti pubblici obbligati dal 1/7/2018 e i regimi di vantaggio e forfetari, esonerati da tale applicazione).

Perché nasce questo obbligo e perché proprio ora? L’Europa ha messo alle strette il nostro Bel Paese: troppa evasione e quella sull’IVA può essere definita un’urgenza. Senza un intervento drastico il rischio è dover aumentare le aliquote con le ovvie conseguenze sui consumi e, non dimentichiamolo, sull’evasione stessa, perché una parte del nuovo gettito andrebbe a ingrossare ulteriormente la quantità del “non dichiarato”. Senza dubbio alcuno possiamo definire il disegno di legge un provvedimento di natura fiscale. Quali sono i suoi punti salienti? Dall’art. 77 emergono utili spunti per alcuni ragionamenti. Innanzi tutto, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio (SdI o Sistema); in secondo luogo, in caso di emissione di una fattura tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, con modalità diverse da quelle previste dal comma 3, la fattura si intende non emessa; infine, gli obblighi di conservazione previsti dall’articolo 3 (NdA: DMEF 17/6/2014, GU 146 del 26/6/2014) si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il Sistema di Interscambio (NdA art. 1, comma 211, l. 24/12/2007 n 244) e memorizzati dall’Agenzia delle Entrate. Tempi e modalità saranno stabiliti dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Ecco le considerazioni. Il Sistema diventa indispensabile per far sì che, almeno da un punto di vista fiscale, si inneschino i processi di esigibilità, detraibilità oltre che di deducibilità.

Inoltre, in termini di conservazione, si dichiara che l’Agenzia delle Entrate memorizza i documenti trasmessi tramite il Sistema. A tale proposito occorrerà una precisazione successiva, per far comprendere se alla memorizzazione si attribuisca una valenza di “magazzino dati” oppure se si intenda già assolta anche la conservazione dei documenti transitati dal Sistema. È, però, legittimo ipotizzare che la discrepanza tra la normativa fiscale (conservazione per 5 anni) e quella civilistica (10 anni) induca a intendere la conservazione digitale secondo quanto già previsto dalla normativa.

Da ultimo, quali saranno le ricadute sulle filiere, che da anni si avvalgono di intermediari per la generazione di documenti – comprese le fatture – secondo i formati EDI? Anche in questi casi la risposta sembra viaggiare sui binari del buon senso, che non dovrebbe mai abbandonare il nostro agire. Le filiere hanno raggiunto un elevato grado di efficienza grazie a investimenti importanti, che hanno permesso di tracciare una serie di informazioni fondamentali per la gestione del loro business, ben oltre le esigenze fiscali. La collaborazione tra soggetti diventa, allora, il comportamento strategico in grado di salvaguardare le esigenze del Paese e quelle dei singoli attori, soprattutto in presenza di positivi risultati, che sarebbe un peccato vanificare. La soluzione, quindi, non sarà solamente informatica ma ispirata ai principi di efficienza ed efficacia per salvaguardare processi operativi che aiutano a rendere più competitivi i soggetti che li adottano e, per somme successive, anche il sistema Paese.

La disponibilità al dialogo finora riscontrata tra tutti gli attori – pubblici e privati – è foriera di una convergenza verso soluzioni che aiutino a salvaguardare la molteplicità degli interessi.

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