Advertising e nuovo regolamento ePrivacy: il nodo dei dati e la grana che potrebbe penalizzare i piccoli editori

06 giugno 2017 / Di Marta Valsecchi / 0 Comments

Da inizio anno uno dei temi al centro dell’attenzione di tutta la filiera dell’advertising online è la nuova proposta di regolamento sulla ePrivacy presentata il 10 gennaio dalla Commissione Europea.

Proposta che dovrebbe diventare legge entro il 25 maggio 2018. Tra gli aspetti impattati vi è la modalità di raccolta dell’accettazione, da parte degli utenti, dei cookie e, in generale, dei sistemi di tracciamento dei propri comportamenti a fini di profilazione e advertising. In particolare, si richiede che sia molto più chiara, trasparente e dettagliata l’illustrazione dei dati raccolti (attraverso i cookie di profilazione di prima e di terza parte) e delle relativa finalità. Inoltre l'utente potrà compiere una scelta unica, accettando o rifiutando in blocco l'installazione dei cookie tramite un settaggio preliminare del browser. 

È soprattutto quest’ultima indicazione che fa tremare le società del settore e pone molti interrogativi sulla sostenibilità futura delle aziende che basano i propri ricavi sull’advertising. Se ovviamente la tutela del consumatore è un dovere delle istituzioni, occorre anche lavorare in maniera mirata nella comprensione delle dinamiche del mercato pubblicitario per definire regole coerenti per uno sviluppo sano del mercato. L’advertising basato sui dati porta, potenzialmente, benefici a tutti gli stakeholder: in primis proprio al consumatore perché il mancato consenso al tracciamento a fini di profilazione non ridurrebbe la pressione pubblicitaria, ma escluderebbe la possibilità di ricevere comunicazioni mirate sul proprio profilo e interessi. Ma l’interesse è alto anche per le aziende investitrici, perché la profilazione consente di aumentare l’efficacia della pubblicità e ridurre la dispersione.

Ci sono poi altre due considerazioni importanti.  

La prima: le nuove disposizioni impattano tutti gli attori del mercato, compresi i grandi Over the Top (come Google, Facebook o Amazon), ma le conseguenze peggiori ricadranno proprio sugli editori locali. Gli OTT, infatti, beneficiano, diversamente dalla gran parte degli altri “editori”, di grandi moli di dati di prima parte (utenti profilati) e conseguentemente, continueranno ad avere un asset in più nei confronti degli investitori pubblicitari. Inoltre, questi attori hanno un “potere negoziale” più forte di tutte le altre "terze parti” (spesso sconosciute ai consumatori) nel cercare di ottenere il consenso dagli utenti in cambio di una migliore user experience dei propri servizi. Il rischio, dunque, è che il monopolio di questi player (che già oggi detengono oltre due terzi della raccolta pubblicitaria online in Italia) si rafforzi.

La seconda considerazione da fare è relativa al fatto che la possibilità di impedire l’utilizzo di cookie in maniera univoca dal browser potrebbe penalizzare attori “corretti” e trasparenti nel trattamento dei dati dei consumatori, per un’intolleranza dei consumatori verso realtà meno attente a questi aspetti.

Per tutte queste ragioni, i principali editori europei si stanno facendo sentire e la scorsa settimana hanno inviato una lettera aperta al Parlamento e al Consiglio europeo per esprimere tutti i propri dubbi e chiedere modifiche sostanziali su questi punti. La partita è ancora tutta da giocare.

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Direttore degli Osservatori Mobile B2c Strategy e Omnichannel Customer Experience. È ricercatrice del Politecnico di Milano da 10 anni.