In questa pagina:

  • Cosa si intende per Start-up Innovative: definizione e principali caratteristiche
  • Le 3S per la collaborazione con l’ecosistema imprenditoriale
  • Le startup in Italia: i requisiti per una startup innovativa
  • Le varie tipologie di Start-up Innovative: quali sono e come si distinguono
  • Investimenti in Startup: come si finanzia una startup
    • Le tipologie di investimenti
    • Le tipologie di investitori
  • I settori applicativi delle Startup

Start up Innovative, guida a una nuova cultura imprenditoriale

Negli ultimi decenni, in particolare dall’avvento di Internet, sempre più spesso sentiamo parlare di Startup. Tuttavia, per i non addetti ai lavori non è così immediato comprendere di che cosa si stia effettivamente parlando. Proviamo quindi a mettere un po’ di ordine. Prima di tutto, è bene ricordare che la Digital Transformation è un processo derivante dallo sviluppo dalle tecnologie digitali che sta influenzando sempre di più le nostre vite.

L’Innovazione e la Trasformazione Digitale possono cambiare profondamente un’azienda: non si tratta solo dell'implementazione di nuove tecnologie o di competenze digitali, ma di una differente cultura d’impresa. Le start-up sono nuovi attori che si inseriscono in questo contesto sia come imprese emergenti, sia come portatrici di idee e soluzioni innovative per aziende e pubbliche amministrazioni.

Ma, esattamente, cosa caratterizza le start-up innovative e come differiscono dalle aziende tradizionali?

Domande a cui risponderemo all’interno di questa guida, con le ricerche dell’Osservatorio Startup Hi-Tech del Politecnico di Milano, che dal 2012 monitora ogni anno le startup italiane ad alto tasso tecnologico e i finanziamenti che queste raccolgono.

Start-up Innovative, significato e principali caratteristiche

La startup è un’organizzazione temporanea alla ricerca di un modello di business scalabile e replicabile. Esaminando la definizione, ormai divenuta convenzionale a livello globale, elaborata dall’imprenditore della Silicon Valley Steve Blank, notiamo fin da subito gli elementi fondamentali che caratterizzano queste imprese emergenti: la temporaneità dell’organizzazione (impresa) e la scalabilità e replicabilità del suo modello di business. Cosa s’intende esattamente?

L’elemento di temporaneità suggerisce come un’impresa attraversi diverse fasi, dalla nascita, alla crescita, fino a raggiungere una stabilità in termini di attività e offerta. Spesso si tende ad associare l’etichetta di startup a imprese innovative con meno di cinque anni di vita o che abbiano registrato un fatturato al di sotto di una certa somma (la soglia più accreditata è di 20 milioni di dollari). Ciò nonostante, è pur vero che si continuano a chiamare start up anche imprese che operano da più di cinque anni per via della natura del loro ambito (basti pensare ad aziende impegnate nel settore aerospaziale) oppure realtà più consolidate, ma che non sono “uscite” dal loro status, ad esempio mediante una quotazione in borsa.

Questo consolidamento coincide spesso con una validazione sul mercato di un modello di business, che dovrebbe rivelarsi scalabile e replicabile. Il modello di business può essere definito come il meccanismo con cui un’impresa crea valore per il cliente, come questo valore viene trasferito e come catturi il consumatore. Va detto, tuttavia, che nella fase iniziale di creazione di una startup il business model non è definitivo. Nuove idee, test e ricerche di mercato possono contribuire a modificarlo. Tuttavia, in generale, un business model scalabile e replicabile è ciò che rende una startup diversa da un’impresa “tradizionale”.

Scalabilità

La scalabilità consiste nella crescita della startup attraverso costi per le risorse, che anche se alti, sono stabili nel tempo (oppure aumentano in piccola percentuale). I costi di produzione generano, quindi, un ritorno sull’investimento crescente, se non addirittura esponenziale. Piattaforme di social network o di streaming, nate come startup, sono tuttora scalabili, in quanto i costi di produzione non variano nella stessa percentuale dei ricavi ottenuti.

Replicabilità 

La replicabilità è ciò che permette l’attuazione del proprio business model in altre località geografiche, o in differenti periodi temporali. La replicabilità può subire qualche modifica in base ai diversi contesti, ma non si tratta mai di cambiamenti sostanziali. Si pensi alle piattaforme di streaming come Netflix: a seconda del Paese dal quale si accede al servizio, i contenuti e le lingue disponibili sono differenti. Tuttavia, la proposta di valore della startup rimane invariata.

Le 3S per la collaborazione con l’ecosistema imprenditoriale

L’innovatività è intrinseca nelle giovani imprese, tuttavia, può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Nelle fasi iniziali la start-up innovativa può necessitare di diversi test empirici e cicli di feedback; allo stesso tempo anche la collaborazione con altri attori dell’ecosistema, come aziende consolidate, non può essere improvvisata. Una partnership richiede solide basi e ogni attore deve fare la sua parte, in cambio di una propria quota di valore.

Le caratteristiche per creare una collaborazione imprenditoriale e virtuosa sono denominate come “3S”:

  1. Sistematica: la riuscita di una partnership non può essere lasciata alla sola buona volontà di pochi, ma deve abbracciare tutti i livelli organizzativi coinvolti, attraverso una pianificazione integrata;
  2. Strategica: un approccio strategico permette di creare e catturare nuove opportunità di business, impattando sulle performance e sul vantaggio competitivo di lungo periodo;
  3. Scientifica: L'innovatività richiede di adottare metodi scientifici all’imprenditorialità, attraverso sperimentazioni, test e misurazione dei risultati dei modelli di business, i Lean ne sono un esempio.

Il già citato Steve Blank, all’interno del suo libro "The Four Steps to the Epiphany: Successful Strategies for Products that Win", introdusse il concetto di "sviluppo del cliente" e gli step necessari per testare e perfezionare il business model. Gli LSA nascono dall’unione dei metodi del Customer Development teorizzati da Blank, attraverso cui si elaborano cicli di feedback da potenziali clienti, così che ogni nuova soluzione venga testata, e dal Lean Startup, che velocizza il ciclo di feedback, "raccogliendo la quantità massima di informazioni convalidate sui clienti con il minimo sforzo".

Start-up in Italia, i requisiti per le Start-up innovative

Nonostante la definizione possa non risultare di immediata applicazione, a livello italiano il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ha istituito la definizione di start-up innovativa, le quali possono richiedere la registrazione con tale stato presso il Registro Imprese del Paese, così come quella di PMI innovativa. Per ottenere lo status di start-up innovativa, secondo il decreto legge DL 179/2012, art. 25, comma 2, l’impresa deve essere una società di capitali che rispetta i seguenti requisiti:

  • Deve essere un’impresa nuova o, comunque, avere non più di 5 anni;
  • Ha la propria residenza in Italia o in un altro Paese dello Spazio Economico Europeo (in questo caso la sede produttiva o filiale deve essere in Italia);
    il fatturato annuo non supera i 5 milioni di euro;
  • Non è quotata in un mercato regolamentato né in una piattaforma multilaterale di negoziazione;
  • Non distribuisce né ha distribuito utili;
  • Deve avere come oggetto sociale esclusivo o, comunque, prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di un servizio o prodotto ad alto valore tecnologico;
  • Non consiste in una fusione, scissione o cessione di un’azienda;
  • Possiede almeno una delle seguenti caratteristiche:
    • Sostiene spese in ricerca e sviluppo pari ad almeno il 15% del fatturato o dei costi di produzione;
    • Impiega personale qualificato, definito come almeno 1/3 di dottori di ricerca, dottorandi o ricercatori, oppure 2/3 di laureati magistrali;
    • È titolare, depositaria o licenziataria di almeno un brevetto o titolare di un software registrato.

Nel nostro Paese, lo status di start-up innovativa consente di presentare domanda per benefici fiscali, previsti con l’obiettivo proprio di promuovere l’imprenditorialità e lo sviluppo economico derivante da nuove imprese.

Tipologie di Start-up Innovative

Non tutte le start-up innovative sono uguali. Negli ultimi anni, infatti, sono stati coniati termini per permettere di distinguere startup che si trovano in diverse fasi del proprio ciclo di vita o che abbiano raggiunto risultati significativi. È possibile differenziare queste imprese innovative in:

  1. Scale up che, secondo l’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), altro non sono che startup che hanno avuto una crescita media annua del 20% per un periodo di tre anni consecutivi, in termini di fatturato o di numero di dipendenti. Sono esempi di scale up internazionali, ad esempio, l’americana Airbnb e l’italiana WeRoad. È importante, tuttavia, sottolineare come spesso il termine venga utilizzato in maniera meno formale di quanto la definizione indichi, riferendosi generalmente a start-up che si trovano in una fase di forte espansione e crescita. All’interno dell’ecosistema italiano, un altro elemento interessante da osservare è che le scale up rappresentano veicoli in grado di attrarre una buona parte degli investimenti provenienti da attori internazionali.
  2. Unicorno: è un altro termine in cui capita d’imbattersi. In questo caso ci si riferisce a imprese private – dunque che non abbiano ancora intrapreso la fase di quotazione sul mercato azionario – che abbiano una capitalizzazione stimata maggiore di un miliardo di dollari. Spesso risulta difficile avere accesso a questi valori, in quanto le cifre di un buon numero delle operazioni di finanziamento di startup private non vengono divulgate. Tuttavia, su diversi siti web sono mantenute e aggiornate le liste di queste imprese. Un esempio di startup diventata Unicorno nel 2022 è la società fintech italiana Satispay.

A questo punto bisogna chiedersi quando sarebbe corretto terminare di chiamare un’impresa start up? All’interno dell’Osservatorio Startup Hi-Tech si tende a adottare come linea di demarcazione quella della exit. Questo passaggio di status può avvenire in due modi:

  • IPO (Initial Public Offering), vale a dire quando l’impresa si quota sul mercato azionario. In Italia oltre al più conosciuto listino della Borsa di Milano, è attivo dal 2017 l’Euronext Growth Milan, precedentemente conosciuto come Mercato Alternativo del Capitale (AIM), dedicato proprio alle piccole medie imprese. Un esempio di exit di startup mediante IPO è avvenuta nel 2021 con l’azienda di biotecnologia italiana Genenta e nel 2022 con l’impresa fintech YOLO.
  • Trade Sale vale a dire l’acquisizione della startup da parte di un’impresa consolidata, come successo nel 2021 per il servizio di food delivery Nutribees e nel 2022 per l’e-commerce di alcolici Tannico, da parte di Campari.

Come si finanzia una Start-up Innovativa?

Tipologie di investimenti Start-up Innovative

La crescita di una startup risulta molto legata all’ammontare di finanziamenti che è in grado di attrarre per sostenere le sue operazioni nel corso del tempo. A questo proposito, è utile avere un’idea delle principali forme di finanziamento possibili e attori coinvolti. Le due macrocategorie sono:

L’investimento in capitale di rischio (equity), significa che l’investitore compra una quota all’interno della startup per una determinata cifra. A seconda delle condizioni contrattate nella singola transazione, l’investitore avrà quindi particolari diritti all’interno della startup. Questo tipo di investimento è il più rischioso per l’investitore, in quanto non risulterebbe sulla lista dei creditori in caso di fallimento della startup. Eppure, costituisce la maggior parte degli investimenti in startup.

L’investimento in capitale di debito (debt), invece, avviene quando l’investitore presta una somma alla start up, che dovrà poi essere restituita con gli interessi (in questa categoria rientrano, ad esempio, i tradizionali prestiti bancari, o le risorse dei fondatori stessi). In questo caso quindi la posizione di rischio dell’investitore è minore, in quanto vi sono diverse garanzie a sua tutela in caso di fallimento dell’impresa. Tuttavia, anche i suoi diritti sulle attività della startup saranno minori.

Una start up in grado di attrarre finanziamenti in capitale di rischio, e quindi maggiormente arditi rispetto al capitale di debito, dimostra di essere promettente al mercato, poiché gli investitori hanno riposto fiducia nelle sue attività. L’ammontare di finanziamento in equity – in particolar modo se in più round successivi di taglio crescente – è quindi un termometro importante e significativo per determinare la qualità di una startup.

In generale, negli ultimi anni i finanziamenti sono aumentati a ritmi crescenti, basti pensare che nel 2018 gli investimenti totali in equity ammontavano a 598 milioni di euro, quasi raddoppiando il loro valore complessivo rispetto ai 331 milioni di euro dell’anno precedente. Sebbene si sia trattato di cifre ben lontane dai nostri cugini europei, il 2018 è stato protagonista di un primo “giro di boa” del settore.

Nel 2022, invece, dai dati di preconsuntivo emerge che i finanziamenti complessivi ammontano a oltre 2,1 miliardi di euro, un valore più che triplicato rispetto ai 694 milioni di euro del 2019 e una crescita significativa rispetto agli 1,461 miliardi di euro del 2021

Tipologie di investitori per le start-up innovative

I finanziamenti in equity ricoprono, quindi, un ruolo chiave nello sviluppo e nella crescita di una startup. Tuttavia, gli investitori non sono tutti uguali tra di loro, ma differiscono per tipologia, per ordine di grandezza dell’investimento effettuato e per fase del ciclo di vita della startup in cui tendono ad investire. Sulla base, invece, del processo secondo il quale viene presa la decisione di investire in una determinata startup, è possibile distinguere due grandi famiglie di investitori:

Investitori Formali, vale a dire quegli attori, che analizzano il business plan delle startup ed effettuano una rigorosa due diligence antecedente agli investimenti. Infatti, si tratta di investitori professionali, la cui principale attività e core business è proprio quello di investire in nuove imprese ad alto potenziale. Ne sono l’esempio i Fondi di Venture Capital, che a loro volta si dividono in indipendenti (i cosiddetti Independent Venture Capital, o IVC), aziendali (Corporate Venture Capital, spesso abbreviato in CVC) e governativi (Governmental Venture Capital, o GVC) o finanziarie regionali.

Gli attori formali, con un valore di 731 milioni di euro, costituiscono un ruolo guida all’interno dell’ecosistema startup. In Italia, in particolare, i GVC, come le finanziarie regionali, hanno un ruolo centrale nel settore. Di contro, gli IVC e i CVC sono nettamente inferiori rispetto a Paesi con economie paragonabili a quella italiana, ma con un approccio più sistemico all’imprenditorialità.

Investitori Informali, comprendono tutti quegli attori che non effettuano un’attività di due diligence antecedente l’investimento. Questi includono:

  • Venture Incubator: società il cui core business è quello di assistere e accelerare lo sviluppo iniziale di start-up.
  • Family Office: società specializzate nella gestione di capitali significativi di famiglie italiane (ma non solo).
  • Club Deal: consorzio di società private che investono con capitale di rischio.
  • Independent Business Angel: singoli individui, come ex imprenditori o ex manager, che a fronte di una competenza specialistica decidono di investire in startup.
  • Angel Network: rete di singoli business Angel.
  • Piattaforme di Equity Crowdfunding: finanziamenti raccolti attraverso piattaforme apposite e aperte a tutti, anche a singoli individui. La maggior consiste in investimenti in Equity Crowdfunding e, in misura minore, in Debt Crowdfunding e Reward Crowdfunding (ossia un ritorno in premi e incentivi che la startup mette a disposizione nelle prime fasi di sviluppo).
  • Aziende non dotate di fondo strutturato di CVC.
  • Startup Studio (o Venture Builder): società specializzate nella trasformazione di un’idea imprenditoriale in una startup attiva e operante. Si tratta di una tipologia di attore in via di affermazione negli ultimi anni.

Anche il comparto informale è cresciuto negli ultimi anni, giocando un ruolo di guida al fianco di attori formali.

Nonostante questa premessa, nel 2022 si è registrata una contrazione del 12% rispetto all'anno precedente, portando gli investimenti da quota 449 a 400 milioni di euro. Uno dei motivi della dinamica potrebbe essere il passaggio di diverse start-up innovative, ormai mature, al successivo stato di scale up, i cui finanziamenti provengono principalmente da attori formali.

Investimenti Internazionali, che costituiscono una componente dalla crescita significativa, i cui protagonisti sono fondi esteri sia formali che informali. Il trend positivo non si è fermato anche nel 2022, raggiungendo il miliardo di euro e rappresentando, così, la metà degli investimenti totali. Le start-up innovative costituiscono, quindi, anche un modo per attirare capitale nel Paese da parte di investitori sia europei che asiatici e d’oltreoceano.

Soprattutto a livello aziendale, le iniziative verso le startup stanno crescendo notevolmente negli ultimi anni secondo diverse logiche:

Open Innovation

L'Open Innovation è un paradigma che si basa sulla condivisione di idee, risorse e competenze da parte di attori esterni ad aziende e PA, come start-up, università e consulenti, per creare un valore maggiore e competere sul mercato.

Innovation Contest

Gli Innovation Contest sono concorsi volti a selezionare i migliori progetti in grado di offrire una soluzione innovativa per un determinato obiettivo, facendo leva proprio sull’innovazione tecnologica.

Syndacation

La Syndacation consiste in una forma di co-investimento all’interno del quale partecipano più tipologie di investitori di diversa natura. Le syndacation possono combinare attori formali e informali, oppure fondi esteri.

I settori applicativi delle Start-up Innovative

Una start-up innovativa si può posizionare in diversi settori industriali, senza alcuna preclusione a questo proposito. Già alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, infatti, l’economista statunitense Robert Solow – premio Nobel per l’economia nel 1987 “per i suoi contributi alla teoria della crescita economica” – teorizzò come il fattore maggiormente abilitante la crescita economica fosse il progresso tecnologico.

L’obiettivo dell’Osservatorio è quindi proprio quello di fornire una fotografia costante del principale veicolo di innovazione e progresso tecnologico a livello italiano, permettendo così confronti con altre economie comparabili e di offrire alle istituzioni solidi dati di riferimento circa l’ecosistema imprenditoriale del Paese. Insieme all’Osservatorio Startup Intelligence, alla Digital Transformation Academy, alle offerte digital del MIP e all’incubatore e acceleratore di innovazione della School of Management PoliHub offrono opportunità di confronto, di crescita e di collaborazione tra i diversi attori in gioco.

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