Pubblicità: cosa significa investire su Internet

15 settembre 2017 / Di Andrea Lamperti / 0 Comments

Internet raccoglie il 30% degli investimenti pubblicitari in Italia. Da qualche anno, uno dei “mantra” degli investimenti online è la parola misurazione, insieme a tutto ciò che ci gira intorno: indicatori, KPI, viewability, ecc.

L’utilizzo dei dati degli utenti, che, in modi legali o simili, vengono accumulati dagli investitori e dagli attori della filiera pubblicitaria, ha permesso di affinare i target delle campagne pubblicitarie online, aumentando l’attenzione a spendere solo laddove c’è più possibilità di conversione. La necessità di verificare che i propri investimenti raggiungessero realmente solo determinate fasce di popolazione ha permesso lo sviluppo di aziende per il monitoraggio dei risultati post-campagna riguardanti la copertura del campione raggiunta. Questo significa investire in pubblicità su Internet oggi: grandi manovre e grandi spese per il controllo in tutte le fasi del processo, filiera allungata, prezzi (e quindi margini) molto bassi per gli editori e una schiera di indicatori e/o KPI che in un’ottica di “misurazione continua” indicano la via migliore da perseguire.

La televisione raccoglie da sempre circa metà (50%) degli investimenti pubblicitari in Italia. Nessun investitore pretende viewability, dati di ascolti affidabili puntuali, indicatori diretti sugli investimenti. Però “la televisione vende”, così si dice, e questo basta come indicatore. Grandi studi econometrici cercano di capire poi quali fasce di popolazione e quali profili sono o non sono stati raggiunti da una campagna televisiva e solo sulle aree non colpite si attivano canali di comunicazione alternativi (molto spesso digitali). Costi comunque ancora alti, nonostante la frenata degli ultimi anni.

Quanto potrà ancora durare questa dicotomia? Se, da una parte, la televisione riesce ancora a mantenere la propria quota di investimenti, dall’altra il mondo Internet continua a crescere (seppur iper concentrato nelle mani di pochi player – non che la televisione sia molto più pluralista) e a imporre il suo modello di misurazione continua. Questo modello, molto probabilmente, diventerà fra non molto lo standard di mercato anche per la televisione, non appena questa potrà essere definita anche in Italia veramente connessa. In quel momento potremo valutare gli investimenti in Tv, alla stregua del dettaglio che oggi impongono i canali digitali, e capirne eventuali ulteriori pregi, ma anche alcuni difetti che nessuno ha mai potuto scoprire perché impossibili (o quasi) da misurare.

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  • Autore

Direttore dell’Osservatorio Internet Media - Ricercatore presso gli Osservatori Digital Innovation dal 2011.