PMI e Open Innovation: Henry Chesbrough all’Osservatorio Startup Intelligence

26 febbraio 2024 / Di Alessandra Luksch / 0 Comments

L’Open Innovation è un modello di innovazione che può rappresentare un valido alleato in un contesto sempre più difficile e competitivo come quello attuale, sia per grandi imprese che per PMI.

Come teorizzato dall’economista americano Henry Chesbrough, “l’Open Innovation è un paradigma che afferma che le imprese possono e debbono fare ricorso a idee esterne, così come a quelle interne, ed accedere con percorsi interni ed esterni ai mercati se vogliono progredire nelle loro competenze tecnologiche”.

Tuttavia, se in Italia l’innovazione “aperta” è adottata dalla maggior parte delle grandi aziende, il panorama è diverso per le piccole e medie imprese. Chesbrough stesso ha discusso del ruolo dell’Open Innovation per l’economia italiana, con un focus particolare sulle PMI, durante l’incontro di avvio dell’ottava edizione dell’Osservatorio Startup Intelligence del Politecnico di Milano.

I limiti all'innovazione delle PMI

Le PMI costituiscono un tessuto imprenditoriale composto da 221mila realtà. Sebbene esse rappresentino numericamente solo il 5% delle aziende nel nostro Paese, sono responsabili da sole del 41% dell’intero fatturato generato in Italia. Tale comparto registra però un divario di performance rispetto alle realtà più grandi. Il fatturato medio per addetto, infatti, è inferiore di circa un terzo rispetto a quello delle grandi aziende.

Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI, sebbene nelle PMI italiane stia crescendo l’interesse e il ricorso all’Innovazione Digitale, nel 53% delle aziende le competenze sono ancora limitate o distribuite in maniera non omogenea tra il personale.

Tante sono le motivazioni che possono esserci alla base di questo scenario. Si va da economie di scala non sempre attuabili alla disponibilità modesta di capitali da investire in ricerca e sviluppo, fino a una capacità ridotta di aprirsi a mercati internazionali. Diversi sono però i fondi stanziati dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Tuttavia, manca ancora una visione strategica dei vertici aziendali in merito all’innovazione e, quando presente, manca di prospettiva a lungo termine.

E allora come è possibile intervenire?

La ricetta "open" per innovare le PMI

Come emerso anche dall’incontro con il prof. Chesbrough, le PMI italiane hanno dalla loro alcune caratteristiche peculiari su cui fare leva: offrono gran parte dei posti di lavoro, non hanno il profilo di debito delle aziende più grandi, sono molto più veloci nelle decisioni e sono agili e flessibili anche nell’oltrepassare i confini tra i settori per cogliere nuove opportunità.

In questo contesto, uno strumento per superare i limiti all’innovazione, in primis digitale, è rappresentato dall’Open Innovation. Questo approccio può essere adottato attraverso la collaborazione con startup, Università e centri di ricerca, attraverso la cooperazione con grandi imprese per la creazione di joint venture e, infine, attraverso la partecipazione a contest come call4innovation.

Secondo i dati di Ricerca dell’Osservatorio Startup Thinking, l’adozione di approcci di Open Innovation nelle PMI è stata registrata nel 48% dei casi analizzati. Si tratta di un tasso che conferma la crescita costante degli ultimi anni, seppure si registra comunque una diffusione meno pervasiva rispetto alle grandi imprese.

Le iniziative provenienti dall’esterno dell’azienda (Inbound Open Innovation) prevalgono rispetto alle idee interne trasformate in nuove opportunità di business (Outbound Open Innovation). La collaborazione con enti esterni, infatti, rappresenta le PMI uno strumento più semplice e immediato per approcciarsi all’Open Innovation, permettendo di contenere costi e rischi.

L’esortazione del prof. Chesbrough verso le PMI è in particolare quella di sfruttare le Università locali, di cui il nostro territorio non manca, per lavorare con tecnici ed esperti dei laboratori di ricerca, partecipare alle ricerche degli Atenei, coinvolgere studenti per stage, creare programmi per invitare professori per visite in azienda.

PMI e Open Innovation: alcuni esempi

Diversi sono i casi di collaborazioni tra Università e PMI. Un esempio è rappresentato dall’impresa edile Ricci con l’Università Bocconi la cui collaborazione nata nel 2018 ha avuto l’obiettivo di mettere a punto un sistema di rilevazione e analisi del consumo idrico ed energetico nel corso di un intervento edile.

L’impresa MOGU in collaborazione con l’Università di Pavia, invece, ha sviluppato una soluzione per utilizzare un certo ceppo di funghi, sui quali da anni l’Università stava conducendo ricerche per produrre materiali eco-compatibili. L’esperienza ha trasformato Mogu in leader di mercato europeo e la collaborazione ha dato frutto ha ulteriori opportunità come l’accordo per un dottorato executive per un dipendente dell’impresa. Citiamo anche l’iniziativa “PMI e Aziende” organizzato dalla Camera di Commercio di Roma, per sostenere l’aggiornamento delle competenze degli imprenditori e l’inserimento di giovani neolaureati di Roma Tre.

Infine, non mancano le tante collaborazioni di PMI con gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano per sviluppare competenze e progettualità e per confrontarsi con i leader di mercato. È il caso della società lucana Smartp@paper, specializzata nell’archiviazione documentale, partner dell’Osservatorio Startup Thinking da anni, che ha dichiarato di avere ottenuto maggiore sensibilizzazione sui temi dell’innovazione digitale anche da parte dei vertici aziendali e maggiori opportunità di sviluppo progetti di innovazione.

I benefici dell'Open Innovation per PMI e Università

Da queste collaborazioni tra aziende e Università nascono risultati concreti in termini di nuovi prodotti e processi, brevetti e pubblicazioni. Le PMI possono crescere e acquisire posizioni di leadership sul mercato, partecipare a progetti finanziati, apprendere conoscenze e competenze e ottenere benefici economici derivanti dalla brevettazione. Anche le Università ottengono il beneficio di sviluppare, grazie alle collaborazioni con le imprese, un approccio più applicativo alla produzione di conoscenza scientifica.

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  • Autore

Direttore degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy