Blockchain e Covid-19: come le nuove tecnologie potrebbero essere utili nell’emergenza?

05 maggio 2020 / Di Valeria Portale / 0 Comments

Quello che stiamo vivendo in questi giorni così difficili inevitabilmente cambierà le nostre vite. Il periodo del lockdown ci ha insegnato che la digitalizzazione non è più solo un vezzo per innovatori, ma una vera e propria strategia di sopravvivenza.

 

La Blockchain per la gestione dell'identità digitale... in tempi di emergenza

La digitalizzazione diventerà ancora più essenziale in futuro per aziende e cittadini, dall’eCommerce ai pagamenti digitali. Anche le tecnologie Blockchain e Distributed Ledger, tra le innovazioni più recenti della digitalizzazione, potranno aiutare nella gestione di emergenze sanitarie: dal tracciamento dei dispositivi medici alla gestione dei dati sanitari passando per l’erogazione di buoni spesa digitali.

C’è un ambito più di altri in cui l’applicazione delle tecnologie Blockchain sarebbe però particolarmente interessante: la gestione dell’identità digitale. Questa emergenza ha mostrato chiaramente quanto siamo ancora impreparati a gestire dati e informazioni sull’identità delle persone: l’attuale situazione contribuisce a rendere ancora più necessaria e urgente un’evoluzione del sistema tradizionale di gestione dell’identità.

 

Le informazioni private degli utenti sono un bene particolarmente prezioso…

Ricercatori e scienziati sono alla costante ricerca di informazioni sullo stato di salute delle persone per trovare velocemente un vaccino o una cura, i Governi vorrebbero poter controllare gli spostamenti dei cittadini per limitare i contagi, i medici avrebbero bisogno di accedere a maggiori informazioni sulle storie cliniche dei pazienti, gli enti pubblici, infine, avrebbero la necessità di individuare velocemente le persone in difficoltà per poter erogare sussidi economici.

Nella prossime fasi dell’emergenza, si avrà poi sempre più bisogno di nuove forme di autocertificazione, patenti di immunità e documenti che attestino lo stato di salute.

 

Come poter garantire la privacy ai cittadini?

In uno scenario di questo tipo stanno già emergendo preoccupazioni sulla privacy dei cittadini e i sistemi tradizionali di gestione dell’identità stanno mostrando i loro limiti. Un’adozione diffusa dell’identità digitale potrebbe venire in soccorso in questo momento, offrendo strumenti per gestire meglio informazioni personali e certificati.

Tuttavia, il modello che è stato adottato fino ad oggi per gestire l’identità digitale presenta numerosi limiti che ne impediscono lo sviluppo e un effettivo utilizzo.

 

Dal modello tradizionale di gestione delle identità digitali ai modelli Self Sovereign

Il modello attualmente prevalente in ambito identità digitale è basato sulla presenza di enti che svolgono la funzione di identity provider (IDP) ponendosi tra l’utente e il soggetto che richiede informazioni sull’identità dell’utente (service provider). Questo modello presenta numerosi limiti, tra cui:

  1. Scarso controllo dell’utente sulle informazioni condivise e sulla privacy dei propri dati;
  2. Limitata flessibilità nella creazione di soggetti in grado di emettere certificati;
  3. Elevati costi infrastrutturali. Infatti, gli identity provider devono mantenere dei sistemi che siano sempre in grado di rispondere a tutte le richieste provenienti dai service provider.

Un modello alternativo che potrebbe risolvere questi problemi è quello della Self Sovereign Identity (SSI). Il concetto di SSI è basato sulla restituzione all’utente del controllo sulle proprie informazioni personali, consentendo la possibilità di non delegare la custodia e il controllo delle informazioni personali ad un attore terzo.

In questo modello viene meno il ruolo degli identity provider e diventa centrale il ruolo dei soggetti in grado di emettere certificati riguardanti l’identità a tutto tondo, da diplomi di laurea a patenti a certificazioni sanitarie. Nel modello SSI l’utente può generare e controllare un “wallet” al cui interno raccoglie tutti i certificati che gli sono stati emessi dai vari enti certificatori. In ogni momento l’utente può dimostrare il possesso di un determinato certificato firmato da un ente certificatore e collegato a lui in maniera univoca.

 

La Blockchain a servizio della Self Sovereign Identity

Qual è però il ruolo della Blockchain in tutto questo? Il modello dell’identità self sovereign trova nella Blockchain un alleato ideale. Infatti, grazie alle tecnologie Blockchain è possibile avere un registro distribuito, altamente disponibile, non censurabile e permanente, che può essere utilizzato come riferimento dove registrare lo stato dei certificati, e per censire in modo trasparente, controllato e affidabile i soggetti emettitori.

Questo permetterebbe ad una platea ampia di soggetti di rilasciare certificati senza dover sostenere i costi di mantenere attivo un sistema ad hoc. Inoltre, le stesse caratteristiche che possono essere facilmente ritrovate negli “address” utilizzati dalle principali soluzioni Blockchain rispondono bene a quelle necessarie alla creazione di identificativi personali. Essi sono infatti unici e possono essere generati direttamente dall’utente, sono permanenti e utilizzano la crittografia asimmetrica.

 

La Self Sovereign Identity per gestire informazioni e privacy nell’emergenza

Attraverso questi sistemi un cittadino potrebbe dimostrare di essere risultato negativo a un tampone, di aver effettuato un vaccino o anche di avere le caratteristiche necessarie a ricevere un sussidio senza dover fornire ulteriori dati personali e sensibili a governi, medici, scienziati o altri enti pubblici.

Un cittadino in possesso di un’identità self sovereign potrebbe ricevere e gestire in maniera migliore numerosi certificati diversi. Attraverso questo sistema i dati personali sarebbero solamente di proprietà del cittadino e non verrebbero registrati presso altri soggetti. Inoltre, tramite l’utilizzo della crittografia, l’utente sarebbe in grado di dimostrare il possesso di un certificato senza dover condividere altre informazioni personali non strettamente necessarie, garantendo così il massimo rispetto della propria privacy.

 

Una soluzione attuabile fin da subito

Anche se rivoluzionare completamente il sistema di identità digitale è una prospettiva impegnativa e ambiziosa, il modello self sovereign è per sua stessa natura molto flessibile e potrebbe essere utilizzato partendo da casi specifici, offrendo da subito vantaggi visibili.

Inoltre, bassi costi infrastrutturali e l’interoperabilità delle informazioni generate da iniziative indipendenti, renderebbero possibili sperimentazioni immediatamente efficaci, partendo da applicazioni semplici, come ad esempio un’app sulle autocertificazioni di spostamento, per poi via via passare a soluzioni più complesse e interconnesse tra loro, senza mettere a rischio la privacy degli utenti.

È necessario quindi muoversi in questa direzione per essere preparati ad affrontare una quotidianità che potrebbe uscire rivoluzionata dalla situazione attuale. Bisogna evidenziare, inoltre, che questo modello porterebbe numerosi benefici indipendentemente dalla presenza di emergenze sanitarie ed epidemie.

Non stupisce quindi che più di sessanta organizzazioni operanti in tutto il mondo nel campo delle SSI stiano già lavorando per distribuire certificati digitali, utilizzando uno standard comune, per contribuire a fermare la diffusione di COVID-19 e consentire alla società di tornare alla “normalità” nel modo migliore. Il gruppo include nomi come Evernym, società creatrice di Sovrin, e anche l’italiana Infocert.

Un altro elemento positivo da considerare è che molte istituzioni stanno riconoscendo le potenzialità della Self Sovereign Identity. Non a caso la SSI è uno dei primi use case che si intende sviluppare all’interno dell’Infrastruttura dei Servizi Blockchain Europea (EBSI), iniziativa comunitaria per lo sviluppo di un’infrastruttura Blockchain transnazionale.


Valeria Portale, Giacomo Vella, Francesco Bruschi - Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger

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  • Autore

Direttore dell'Osservatorio Innovative Payments e dell'Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano